Cambiamento climatico: l'impatto sui mari e sulla risorsa ittica
Intervista al prof. Carlo Pretti, direttore del CIBM e docente presso il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa
Per comprendere quali siano le conseguenze del cambiamento climatico sui mari e sulla risorsa ittica abbiamo rivolto alcune domande al prof. Carlo Pretti, direttore del Consorzio per il Centro Interuniversitario di Biologia Marina ed Ecologia Applicata di Livorno (di seguito CIBM) e docente presso il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa.
Il riscaldamento di mari e oceani come sta impattando sulla produttività degli stock ittici?
Un recente rapporto dell'IPBES (Piattaforma intergovernativa scientifico-politica sulla biodiversità e sui servizi degli ecosistemi) indica che nel mondo una persona su cinque dipende dalle specie selvatiche per il proprio sostentamento e reddito, con la pesca che rappresenta una delle principali fonti di cibo derivanti da tali specie. Preservare tali risorse attraverso una gestione sostenibile è pertanto cruciale, oggi più che mai, per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
Il CIBM ha una esperienza trentennale nella raccolta dati della pesca e nel corso degli anni ha potuto osservare variazioni della produttività delle specie ittiche potenzialmente collegabili ai cambiamenti climatici. I vari scenari di cambiamento climatico osservabili nei mari di tutto il mondo (riscaldamento, acidificazione ed oscillazioni di salinità) complicano moltissimo le previsioni di effetto sugli organismi che li popolano.
Riguardo agli organismi oggetto di pesca professionale in ambito Mediterraneo si può, a titolo di esempio, osservare una diminuzione della consistenza degli stock ittici di alcune specie ad affinità fredda, quali melù o potassolo, nasello, scampo.
Al contrario, alcune specie ad affinità calda hanno mostrato aumento di biomassa ed estensione verso nord del proprio areale di distribuzione come ad es., triglia di fango, gambero rosa (vedi immagine a fianco).
Naturalmente, più concause giocano un ruolo in questi fenomeni e possono aver influito sul trend di incremento della biomassa di queste specie.
Nel caso della triglia e del gambero rosa possono avere influito la riduzione dello sforzo di pesca in virtù dell’applicazione di misure gestionali e di protezione della fascia costiera, unitamente anche alla riduzione degli stock di specie predatorie.
Un altro caso di studio interessante è rappresentato dalla crescita e successivo collasso degli stock di pesce sciabola (Lepidopus caudatus, vedi immagine a fianco), altra specie ad affinità calda. La biomassa di questa specie è aumentata significativamente nei primi anni 2000 estendendo il suo areale verso nord, grazie alle acque più calde. Tale aumento di biomassa ha portato le marinerie ad intensificare lo sfruttamento di questa specie. Tuttavia, la mancanza di misure gestionali, che in qualche modo ne limitassero lo sfruttamento, ha determinato il sovrasfruttamento degli stock, tanto da portarli al collasso. La specie è ancora presente, ma non è più in grado di sviluppare una biomassa tale da consentirne uno sfruttamento come specie target.
Nel corso degli ultimi venti anni numerosi lavori scientifici pubblicati da CIBM in collaborazione con altre istituzioni scientifiche italiane ed europee hanno prodotto dati a supporto di queste ipotesi.
Quale è la relazione tra cambiamento climatico e presenza di specie aliene nel Mediterraneo?
Il problema legato alla competizione con specie aliene è uno degli effetti indiretti dei cambiamenti climatici sulla pesca. Per specie aliene intendiamo non solo quelle Lessepsiane (entrate direttamente dal Canale di Suez) ma anche provenienti da altre aree attraverso, ad esempio, le acque di zavorra delle navi.
Di grandissima attualità è sicuramente il granchio blu, Callinectes sapidus, che ormai ha colonizzato tutte le coste italiane e non solo, che nel frattempo ha acquisito una sua consistenza commerciale.
Ma in altre aree del Mediterraneo ci sono numerosi esempi di specie aliene che si sono insediate, e che hanno assunto un ruolo importante anche dal punto di vista commerciale, quali il gambero pellegrino (Metapenaeus stebbingi) lungo le coste dell’Egitto e della Tunisia, il granchio blu africano (Portunus segnis) lungo le coste della Tunisia; l’aringa rotonda (Etrumeus sadina) in Grecia; assieme a molte altre specie soprattutto nel Mediterraneo orientale.
Quali azioni vengono messe in campo per affrontare gli effetti del cambiamento climatico sulla risorsa ittica?
Sicuramente misure di gestione della pesca possono aiutare a salvaguardare la biodiversità marina e garantire un futuro prospero alle comunità di pesca a medio e a lungo termine. Garantire una pesca e una gestione sostenibili degli stock ittici è inoltre fondamentale per proteggere la biodiversità oceanica e combattere i cambiamenti climatici. Questi aspetti sono trattati dal Piano d'azione dell'UE: proteggere e ripristinare gli ecosistemi marini per una pesca sostenibile e resiliente che evidenzia la necessità vitale di salvaguardare la sostenibilità dei suoi sistemi alimentari.
In linea con la strategia sulla biodiversità, con la strategia di adattamento ai cambiamenti climatici e con la strategia Dal produttore al consumatore, l'UE deve garantire che i rischi derivanti dai cambiamenti climatici e dalla perdita di biodiversità non compromettano la disponibilità dei beni e dei servizi che ecosistemi marini sani forniscono ai pescatori, alle comunità costiere e alla popolazione in generale. Differenti strategie sono proposte per una pesca sostenibile quali:
- creazione di nuove aree marine protette e gestione efficace di quelle esistenti. Le aree marine protette permettono il rinnovo delle risorse, proteggendo il novellame ed allentando la pressione di pesca in modo particolare su specie sensibili;
- misure tecniche per migliorare la selettività degli attrezzi e ridurre l'impatto delle attività di pesca sulle specie sensibili, ad esempio fornire indicazioni specifiche sulle diverse dimensioni e forme delle maglie delle reti da pesca per poter catturare solo pesci di determinate taglie, sulle griglie e sui pannelli di selezione che consentono la fuoriuscita di determinate specie o sulla posizione e sui periodi di chiusura delle zone di pesca, in particolare durante il periodo di riproduzione dei pesci;
- adozione di misure tecniche che abbiano una flessibilità su base regionale;
- sostenere economicamente le aziende di pesca affinchè non perdano reddito pescando in modo sostenibile.
Quali suggerimenti possono essere dati al cittadino verso consumi più sostenibili?
Per quanto riguarda consumi più sostenibili, negli ultimi anni sono stati fatti sforzi nel tentativo di valorizzare il cosiddetto “pesce povero” (sarde, sugarelli, lanzardi, pannocchie ed altro). Tali specie erano conosciute ed apprezzate nel passato, ma in anni più recenti sono diventate uno scarto della pesca per il solo motivo che non erano più richieste dal mercato, a favore di specie ittiche più costose e sensibili. Orientando il consumatore verso questo tipo di scelta, per altro molto salubre dal punto di vista della qualità nutrizionale, si potrebbe consentire ad alcuni pescatori di aumentare il proprio profitto, magari riducendo lo sforzo di pesca. Assieme al pesce povero, il consumatore può essere ulteriormente orientato a basarsi sulla stagionalità del prodotto ittico, andando a supportare le comunità locali di pesca. A tale proposito si ricorda il progetto sviluppato dal CIBM assieme a Regione Toscana per la redazione di un Calendario del pescato (vedi immagine a fianco).
Le foto di questa notizia sono pubblicate per gentile concessione del CIBM