Il ruolo di ARPAT nella tutela degli ecosistemi costieri e della biodiversità marina alla Biennale del mare
ARPAT è intervenuta alla Biennale del mare con alcuni contributi legati a tematiche centrali per una gestione sostenibile della fascia costiera: il ruolo della Posidonia oceanica, il monitoraggio della biodiversità, il monitoraggio marino costiero.
Nell’ambito della Biennale del mare l’Agenzia, oltre ad organizzare i due convegni sul progetto EPIC del 15 maggio e sull’approccio One Health applicato al mare del 17 maggio è intervenuta portando il proprio contributo tecnico-scientifico con alcuni interventi legati a tematiche centrali per una gestione sostenibile della fascia costiera: il ruolo della Posidonia oceanica, il monitoraggio della biodiversità, il monitoraggio marino costiero.
In particolare, il 15 maggio presso il Palazzo Pancaldi, si è tenuto un interessante convegno sull’erosione costiera, problematica che rappresenta una sfida crescente per tutte le amministrazioni rivierasche anche in conseguenza dei cambiamenti climatici. Nel pomeriggio ricercatori, tecnici, amministratori e operatori del settore si sono confrontati su Posidonia oceanica, dal problema dello spiaggiamento a risorsa contro l’erosione, individuando cause e possibili soluzioni.
Matteo Vacchi dell’Università di Pisa si è soffermato sull’impatto delle modifiche della linea di costa sulle praterie sommerse, presentando un modello predittivo sul limite superiore (verso terra) di estensione della prateria. Inoltre, alcuni studi hanno confermato, da un lato, l‘efficacia delle praterie nel dissipare l’energia delle onde e, dall’altro lato, un significativo incremento dell’erosione dovuto alla rimozione meccanica delle banquettes (gli ammassi sulla battigia di foglie ed altre componenti provenienti dalle praterie di posidonia), poiché in mezzo ai materiali vegetali viene trasportata altrove una consistente quantità di sabbia.
Luigi Cipriani di Regione Toscana ha presentato il progetto Interreg Marittimo “Ammirare” che ha l’obiettivo di favorire la resilienza dell’ecosistema costiero e delle spiagge al cambiamento climatico, utilizzando Soluzioni tecniche ispirate e supportate dalla natura (Nature-based Solutions). Nel sito di Cecina, in particolare, è prevista la costruzione di tre isole sommerse (atolli) per favorire l’avanzamento della linea di riva e la realizzazione di interventi con materiale naturale spiaggiato per difendere la base della duna: gli ammassi spiaggiati di posidonia vengono recuperati dal Comune e portati alla base della spiaggia per costruire una duna artificiale che sarà piantumata con specie vegetali autoctone. Attraverso il riuso in loco della Posidonia oceanica spiaggiata è possibile ridurre sensibilmente le spese delle Amministrazioni comunali per il trasporto in discarica, l’impatto ambientale e la perdita dei sedimenti di spiaggia.
Antonio Melley di ARPAT, dopo aver ricordato il valore ecologico delle praterie ed i principali fattori di degrado ha fatto un focus sulle tecniche di monitoraggio dello stato ecologico e dell’estensione delle praterie di Posidonia in Toscana, essenziali per valutare gli impatti delle attività umane e stimare gli eventuali danni. L’estensione delle praterie rispetto a trenta anni fa (l’ultima cartografia completa delle praterie lungo le coste toscane è stata realizzata negli anni ‘90 dall’Università di Pisa) è cambiata molto per cui sarebbe molto utile raccogliere tutte le informazioni oggi disponibili per realizzare una mappa completa ed aggiornata delle praterie di Posidonia oceanica presenti nelle acque marine della Toscana, integrando, ad esempio, quanto già esistente in aree particolari (AMP Secche Meloria, Isole Arcipelago Toscano, ecc) o derivanti da monitoraggi su singole infrastrutture (OLT, FSRU Piombino, Porto marina Carrara, ecc).
In caso di attività, opere o interventi in aree dove sono presenti le praterie di P. oceanica, infatti, è molto importante avere a disposizione sia il quadro aggiornato delle informazioni si strumenti per prevedere, evitare o mitigare i possibili impatti, tenendo conto anche dei cambiamenti climatici. Da questo punto di vista, le sinergie tra gli enti ed una programmazione unitaria ed integrata degli interventi sono elementi fondamentali, così come seguire le buone pratiche e linee guida ISPRA e SNPA nei diversi strumenti di gestione del demanio marittimo, come i Piani di utilizzo degli arenili (PUA) e le ordinanze per la fruizione delle spiagge durante la stagione balneare.
Confrontando le mappe delle praterie di posidonia monitorate in diversi periodi, si può avere una stima delle modifiche avvenute nel corso del tempo: ad esempio l’alterazione della costa antistante Livorno (canale navicelli, canale scolmatore dell’Arno, porto mediceo e attuale porto industriale e commerciale) nel corso del tempo così come l’aumento del traffico marittimo ha comportato una riduzione di oltre 7 kmq della prateria, con un progressivo allontanamento verso il largo del limite superiore ed un mancato sequestro di carbonio di oltre 10mila tonnellate ogni anno.
Passando agli strumenti operativi che possono ridurre gli impatti esercitati dall’uomo sulle praterie a causa degli ancoraggi, Giorgio Cucè, dell’azienda Seares, ha presentato un sistema innovativo di ormeggio con smorzatori idraulici e meccatronici di nuova generazione e brevettati a livello internazionale per preservare l’ambiente marino, impedire che la catenaria strusci sul fondo distruggendo quello che incontra e al contempo produrre energia verde dal moto ondoso.
Luigi Piazzi, CIBM Livorno, è intervenuto per illustrare le tecniche di ripristino delle praterie e tra gli esempi di trapianto iniziati negli anni ‘70 pochissimi hanno avuto inizialmente successo perché non si agiva per ripristinare le praterie ma per crearle in luoghi non adatti. All’inizio degli anni 2020 siamo arrivati a definire alcuni punti chiave per avere un buon successo: la scelta del materiale da utilizzare (zolle, talee, semi e/o germogli); la caratterizzazione del sito (screening preliminare, indagini da remoto e in situ, ecc); la selezione della tecnica con un trapianto pilota; il monitoraggio del trapianto di breve, medio e lungo termine ed infine la gestione. Dal confronto di diverse tecniche di trapianti in Toscana emerge che quella con i picchetti metallici (1149 mq di prateria danneggiata dal naufragio della Costa Concordia all’Isola del Giglio) la sopravvivenza è più elevata perché ogni pianta è fissata singolarmente, ma sono in fase sperimentale ulteriori tecniche di ingegneria naturalistica (trapianto di 300 mq di prateria all’Isola d’Elba) che utilizzano stuoie in cocco senza rete metallica.
Fabio Carmignani, Gruppo Esposito, ha illustrato come la posidonia spiaggiata possa diventare una opportunità per l’economia circolare e per preservare il patrimonio costiero. La pulizia tradizionale con vagliatura non elimina del tutto i rifiuti di plastica frammisti agli ammassi vegetali e tonnellate di sabbia vengono perse ogni anno. Il gruppo Esposito ha realizzato in Sardegna il primo impianto sperimentale per il trattamento del materiale spiaggiato che, attraverso una tecnologia di lavaggi successivi, è in grado di eliminare i rifiuti e separare le frazioni organiche da quelle inorganiche, recuperando sabbia pulita con caratteristiche idonee per essere restituita alla spiaggia di provenienza: ad esempio, in un caso studio sulla spiaggia delle Gorette a Cecina, in un progetto con Marevivo e Comune di Cecina, la sabbia recuperata ha rappresentato il 61% in peso dell’intero ammasso. Per il riutilizzo della posidonia, invece, esistono ancora problemi normativi poiché non sono state definite le modalità attuative (decreto e regolamneto) della Legge 60/2022 “Salvamare” per la reimissione in ambiente marino.
Infine un focus sulla Posidonia oceanica come risorsa anche per la salute umana è stato presentato da Donatella Degl’Innocenti, Università di Firenze, che ha ricordato il legame millenario tra la pianta marina e l’uomo testimoniato da archeologia e storia sugli usi tradizionali e medici delle foglie di P. oceanica. Con il suo team di ricerca nel 2015 ha caratterizzato l’estratto idroalcolico di foglie di P. oceanica (POE) che ha una composizione abbastanza costante ed è ricco di polifenoli, con potenziali effetti benefici sulla salute: attivazione autofagica, ruolo anti-infiammatorio ed analgesica, azione anti-psoriasica, ecc. Questa pianta marina potrebbe quindi rappresentare una importante risorsa di metaboliti secondari efficaci e non tossici che non vanno a sostituirsi alle terapie farmacologiche convenzionali ma le coadiuvano.
Il giorno dopo (16 maggio) si è tenuto un seminario dedicato all’Osservatorio Toscano Biodiversità, all’Acquario di Livorno, nel quale si sono susseguiti gli interventi dei diversi soggetti istituzionali che collaborano a livello regionale in materia di tutela della biodiversità marina.
A partire da quelli di Gilda Ruberti e Valentina Menonna della Regione Toscana che hanno illustrato il percorso normativo e la situazione aggiornata in materia di conservazione della natura e di istituzione di aree protette di importanza regionale e comunitaria, con la costituzione, grazie alla legge 30/2015, della Consulta tecnica per le aree protette e la biodiversità e dell’Osservatorio Toscano per la Biodiversità (OTB).
Antonio Melley di ARPAT ha evidenziato il ruolo dell’Agenzia all’interno dell’OTB e, in particolare, della Rete Regionale di recupero di grandi vertebrati marini (cetacei, tartarughe, grandi pesci cartilaginei), che vede una pluralità di soggetti e collaborazioni per intervenire nella difficile opera di salvataggio di questi animali in difficoltà. L’impegno pluridecennale di ARPAT, grazie all’elevata professionalità del personale tecnico, ha consentito di acquisire un importante mole di informazioni relative alla presenza, distribuzione ed evoluzione demografica di molte specie, come i delfini (stenelle e tursiopi), squali e tartarughe Caretta caretta. In particolare, su C. caretta negli ultimi anni si sono moltiplicati i casi di nidificazioni sulle coste toscane raggiungendo anche le spiagge più a Nord (Versilia), zone che, per le condizioni di antropizzazione (stabilimenti balneari, scogliere, rumore, illuminazione, ecc.), non si pensava fossero ottimali. Questo crescente impegno di ARPAT deve, però, trovare una collocazione in una procedura di intervento che, a partire dalle Capitanerie di Porto, veda il coinvolgimento ben definito di ruoli e responsabilità di tutti i soggetti (ARPAT, ASL. IZSLT, Regione, Università, ecc.).
Sono seguiti, poi, interventi più tecnici di:
- Matteo Senese, veterinario dell’IZSLT, che ha illustrato le indagini diagnostiche effettuate sugli esemplari recuperati ed esaminati in toscana negli ultimi anni;
- Letizia Marsili dell’Università di Siena con un approfondimento sulle indagini tossicologiche condotte sugli stessi animali;
- Paolo Luschi dell’Università di Pisa che ha mostrato i risultati della marcatura satellitare di alcune tartarughe Caretta caretta recuperate, curate e riabilitate presso il Centro di Recupero dell’Acquario di Livorno, che da Livorno, luogo di rilascio, si sono dirette al largo del Golfo di Napoli;
- Livia Tolve dell’Università di Firenze, tramite indagini genetiche condotte su esemplari di Caretta caretta, ha determinato che le tartarughe rinvenute spiaggiate lungo la costa Toscana appartengono in gran parte al genotipo mediterraneo e solo raramente a quello atlantico, mentre quelle che vi nidificano sono tutte mediterranee.
Infine, il 17 maggio, presso gli Hangar creativi per l’evento “Rotta verso un mare pulito: tecnologie e alleanze per contrastare l’inquinamento marino”, Stefano Santi di ARPAT, ha presentato un contributo sui “Principali fattori di contaminazione delle acque marino costiere in Toscana” illustrando la struttura della rete di monitoraggio ed i risultati del biennio 2022-23 sulla qualità ambientale delle acque marino costiere. Inoltre, sono state evidenziate quali siano le principali sfide, che dovranno vedere impegnati insieme interlocutori pubblici e privati e tra queste: inquinanti emergenti (PFAS), sostituzione nell’industria di inquinanti persistenti con prodotti ecosostenibili; plastiche (macro e micro), depurazione delle acque ai sensi della nuova Direttiva (UE) 2024/3019.