Vai ai contenuti. | Spostati sulla navigazione

Sei in: Home Urp Risposte a domande frequenti (FAQ) Terre e rocce da scavo

Dove Siamo

 

Terre e rocce da scavo - FAQ

Dal 22/08/2017 è entrato in vigore il DPR 13/06/2017 n. 120 sul riordino e semplificazione della disciplina sulla gestione delle terre e rocce da scavo.

Nello spirito di agevolare i soggetti interessati nell'applicazione delle diverse modalità di gestione e procedure previste dalla disciplina,  in questa pagina sono riportate le risposte ai quesiti che ci sono stati rivolti con maggiore frequenza così suddivisi:

Il testo della norma è tuttora oggetto di confronto, anche nell'ambito del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, pertanto il contenuto delle Faq potrà essere soggetto a integrazioni o aggiornamenti.


 Quesiti relativi all'ambito di applicazione

  • Cosa si deve fare nel caso di riutilizzo nel sito di produzione?
    Per i piccoli cantieri la pratica del riutilizzo nel sito di produzione deve risultare dagli atti con cui viene autorizzata l’opera di scavo (art. 185 c.1 lettera c) del D. Lgs 152/06 - terre e rocce allo stato naturale).
    Nel caso di opere sottoposte a VIA la sussistenza dei requisiti di cui all’art.185 c.1 D.Lgs 152/2006 lettera c) è effettuata in via preliminare in funzione del livello di progettazione e di stesura del SIA, presentando un piano preliminare di utilizzo delle terre e rocce da scavo. Se in fase di progettazione esecutiva o prima dell’inizio dei lavori viene accertata la non idoneità del materiale questo deve essere gestito ai sensi della normativa sui rifiuti (Parte IV D.Lgs 152/2006).
    Deve in ogni caso deve essere verificata la non contaminazione (vedi quesiti relativi alle analisi) .
    Non occorre invece dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (DPR 445/2000 art. 47) nel caso in cui l'utilizzo avvenga ex art. 185 c.1 lettera c) del D. Lgs 152/06 (terre e rocce allo stato naturale).
    Solo nei casi in cui è previsto un deposito intermedio esterno al sito di produzione o sia necessario applicare trattamenti rientranti nella normale pratica industriale è consigliata la compilazione del modulo di dichiarazione di utilizzo art. 21 (allegato 6) e dell’eventuale documento di trasporto (allegato 7). Il ricorso alla dichiarazione legittima il sito di deposito intermedio.
  • Il sito di deposto intermedio si considera tale solo se distinto dai siti di produzione o utilizzo?
    No, ai sensi dell’art. 5 il deposito intermedio delle terre e rocce da scavo può essere effettuato nel sito di produzione, nel sito di destinazione o in altro sito. Lo stesso art. 5 riporta i requisiti necessari per garantire una corretta gestione delle terre e rocce da scavo.
    Il proponente o il produttore può individuare nel piano di utilizzo o nella dichiarazione di cui all'articolo 21 uno o più siti di deposito intermedio idonei.
  • In caso di conferimento di terreno ad un privato per sistemazione di un giardino o in movimenti di terra per fini agricoli serve una autorizzazione?
    Nel caso di terreno per sistemazione di un giardino nella dichiarazione di utilizzo ex art.21 si deve indicare che si tratta di intervento di edilizia libera, dopo aver verificato presso gli uffici comunali che l’intervento richiesto non prevede specifici adempimenti.
    Per modesti movimenti terra a fini agricoli si intendono ordinarie lavorazioni del terreno o modesti livellamenti e riprofilature di limitato spessore nell'ambito di attività agro-silvo-pastorale, compresi gli interventi su impianti idraulici agrari; sono esclusi gli scavi di fondazione. Tali modesti movimenti, in base alla vigente normativa nazionale e regionale in materia edilizia - DPR 380/2001 art.6 c.1 e LR 65/2014 art. 136 c.1)  fatto salvo quanto eventualmente previsto dalle normative in materia edilizia e di vincolo idrogeologico (LR n.39/2000, DPGR 48/R/2003 in particolare art. 88 e 92), dalle disposizioni dei Piani di indirizzo territoriale (PIT) e degli strumenti urbanistici comunali - sono eseguiti in genere senza necessità di titolo abilitativo. É comunque responsabilità di chi sottoscrive la dichiarazione verificare la sussistenza di tali condizioni.
  • Quali sono le normali pratiche industriali ammesse dal D.P.R.?
    Le normali pratiche industriali sono definite all'art. 2 c.1 punto o) come “finalizzate al miglioramento delle caratteristiche merceologiche per renderne l’utilizzo maggiormente produttivo ed efficace.” Il trattamento deve essere realizzato su materiali che rispettino i requisiti di qualità ambientale ed unicamente per migliorare le caratteristiche merceologiche e/o meccaniche, senza richiedere l’utilizzo di specifiche infrastrutture operative.
    Nell'allegato 3 sono elencate “alcune delle operazioni più comunemente effettuate”, la selezione granulometrica, la riduzione volumetrica e la stesa al suolo per asciugatura e biodegradazione di additivi utilizzati nello scavo. L’allegato è applicabile a qualsiasi cantiere, sia di piccole che di grandi dimensioni. L’elenco nella formulazione della norma sembra non essere esaustivo e nell’ambito delle singole opere è possibile che si abbiano ulteriori casi. Per i “trattamenti a calce” vedi punto successivo
  •  Il trattamento a calce rientra nelle pratiche normalmente ammesse?
    Esplicitamente previsto nella normativa pregressa (DM 161/2012) tra le pratiche normalmente ammesse, il trattamento a calce non è invece menzionato nel DPR 120/2017 in conseguenza della procedura EU Pilot 5554/13/ENVI avviata dalla Commissione Europea nei confronti dello Stato italiano in relazione al contenuto del DM 161/2012, anche nella parte relativa alle normali pratiche industriali.
    Successivamente, alla luce della risposta del Governo[1] alle osservazioni formulate dalle Commissioni Parlamentari in merito alla possibilità di reintrodurre il trattamento a calce fra le normali pratiche industriali, la questione è stata approfondita nell'ambito del Sistema Nazionale di Protezione Ambientale (SNPA) - di cui fanno parte ISRPA e le agenzie ambientali regionali/provinciali – ed è emerso che il trattamento a calce:
    - è da considerarsi una normale pratica laddove il materiale di scavo soddisfi i requisiti di qualità ambientale previsti dal DPR 120/17 per essere considerato sottoprodotto già prima dell’effettuazione del trattamento a calce. L’operazione può quindi essere considerata come normale pratica industriale per finalità geotecniche, ai sensi del DPR 120/17, quando sia espressamente previsto dal progetto dell’opera approvato dall’autorità competente, con le modalità dovute caso per caso;
    - non può essere considerata una normale pratica quando il trattamento a calce sia tale da ridurre le concentrazioni di contaminanti (per diluizione), o i contaminanti nell’eluato, per rendere conformi materiali di scavo che altrimenti non lo sarebbero, intervenendo sulle caratteristiche che concorrono alla conformità rispetto ai requisiti ambientali, perché in questo caso si configurerebbe come una operazione di trattamento di rifiuti.

Quesiti relativi alle analisi delle terre e rocce

  • I materiali da scavo devono essere sottoposti ad analisi?
    Si, poiché il produttore deve dimostrare che per le terre e rocce da scavo valgono i requisiti ambientali di cui all’art.4 ovvero che non siano superate le concentrazioni soglia di contaminazione per la specifica destinazione d’uso (colonne A e B tab.1, A ll.5 Titolo V, della Parte IV D.Lgs 152/06) e che non costituiscano fonte diretta o indiretta di contaminazione per le acque sotterranee.
  • Quali sono le modalità di campionamento e analisi?
    Le modalità di campionamento e analisi sono riportate nell’allegato 4, per il numero di campioni da prelevare in caso di grandi cantieri sottoposti ad VIA/AIA si deve fare riferimento all’allegato 2. Per piccoli cantieri (< 6000 metri cubi) e per grandi cantieri non sottoposti a VIA/AIA la norma non indica espressamente le modalità da seguire, si ritiene tuttavia che sia comunque opportuno fare riferimento all’allegato 2.
    Nei casi di cantieri con superfici estremamente ridotte, necessariamente inferiori a 2500 metri quadri, caso per caso potrà essere valutata una riduzione fino ad un solo punto di prelievo, che comunque sia in grado di garantire la rappresentatività delle terre e rocce che si intendono movimentare ai fini dell’esclusione del rischio per la salute e l’ambiente.
    Il numero dei campioni, di norma non inferiori a tre per ciascun punto di prelievo, dovrà essere valutato in relazione alla profondità di scavo. Le Agenzie si sono accordate per fornire dei criteri per questi casi che sono riportati al paragrafo 3.3 della linea guida SNPA per la gestione delle terre e rocce.
    Riguardo al set analitico minimale ci si deve riferire alla tabella 4.1 dello stesso allegato e nel caso in cui in sede progettuale sia prevista una produzione fino a 150.000 metri cubi, non è richiesto che le analisi chimiche dei campioni siano condotte sulla lista completa indicata nella tabella. Il set analitico ridotto dovrà essere adottato scegliendo le “sostanze indicatrici” tenendo conto di eventuali possibili pregresse contaminazioni, del fondo naturale o di apporti antropici.
  • In caso di superamento dei limiti attribuibile a fondo naturale, il piano di accertamento deve essere validato dall’ARPAT?
    Se l’opera interessa un sito in cui per cause naturali si ha un superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (Csc) per la specifica destinazione d’uso (colonne A e B Tab. 1, all. 5, titolo V, Parte IV del Dlgs 152/06) - in base agli artt.11 e 20 - il proponente segnala il superamento ai sensi dell’art. 242 DLgs 152/06, presenta ed esegue in contraddittorio con ARPAT un piano d’indagine per definire il fondo naturale. Le terre e rocce sono utilizzabili nell'ambito del sito di produzione o in un sito diverso a condizione che questo presenti analoghi valori di fondo naturale per tutti i parametri oggetto di superamento nel sito di produzione.
  • Nel caso tra i materiali di scavo si sia riscontrata la presenza di materiali di riporto quali accertamenti è necessario fare ai fini del loro riutilizzo?
    Nei casi in cui le terre e rocce da scavo contengano materiali di riporto (art. 3 c.1, DL 2/2012), per il riutilizzo come sottoprodotto, la componente di materiali di origine antropica frammisti ai materiali di origine naturale non può superare la quantità massima del 20% in peso, da quantificarsi secondo la metodologia di cui all'allegato 10. Devono inoltre rispettare i requisiti di qualità ambientale (art.4 c.2 lett.d) ed essere sottoposti anche a test di cessione (art. 4 c.3).
    Il test di cessione introdotto dall’art. 41, comma 3, del DL 69/2013, convertito nella L 98/2013, è previsto in applicazione dell’art. 185, comma 1, lettere b) e c), del d. lgs. 152/06 e s.m.i. ed è effettuato con riferimento all’articolo 9 del DM 5/2/1998 ai fini delle metodiche da utilizzare per escludere rischi di contaminazione delle acque sotterranee ed in generale quando i riporti sono gestiti come sottoprodotti, come specificato anche dall’art. 4 c. 3 del DPR 120/2017. É quindi richiesta la conformità degli esiti del test di cessione alle concentrazioni soglia di contaminazione delle acque sotteranee ( tab.2, A ll.5 Titolo V, della Parte IV D.Lgs 152/06).
  • Come si verifica che le terre e rocce da scavo non costituiscano fonte diretta o indiretta di contaminazione per le acque sotterranee?
    Anche in assenza di materiali di riporto il test di cessione può rappresentare un opportuno strumento di verifica.

Quesiti relativi alla dichiarazione

  • Le attività di scavo e di utilizzo per cui si presenta la dichiarazione devono già essere autorizzate?
    Si, il c.1 dell’art.21 del DPR 120/2017 prevede che la dichiarazione debba contenere gli estremi delle autorizzazioni per la realizzazione delle opere.
  • A chi, quando e in che modo va inviata la domanda?
    Il riutilizzo nel sito di produzione non comporta la presentazione della domanda ma il produttore è tenuto comunque ad alcuni adempimenti per i quali si rimanda ai quesiti relativi all'ambito di applicazione.
    • Cantieri di grandi dimensioni (>6000 m3) sottoposti ad AIA/VIA: il documento con il quale il proponente attesta il rispetto dei requisiti ai fini dell'utilizzo come sottoprodotto è il Piano di utilizzo, contenente anche la Dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.
      Il piano di utilizzo, redatto in conformità all'allegato 5 del DPR 120/2017, deve essere trasmesso almeno 90 giorni prima dell'inizio dei lavori e comunque prima della conclusione della procedura di VIA (art. 9), all'autorità competente in materia di VIA e ad ARPAT per PEC (arpat.protocollo@postacert.toscana.it). Se firmata digitalmente non occorre allegare all'istanza la copia del documento d'identità del sottoscrittore (vedi sentenza n. 4676/2013 del Consiglio di Stato).
    • Cantieri di piccole dimensioni (<6000m3) e di grandi dimensioni non sottoposti a VIA/AIA: Ai sensi dell'art. 21 queste tipologie di cantieri devono inviare la dichiarazione sostitutiva (art. 47, DPR 445/2000) - redatta su modulo conforme all'allegato 6 da inviare almeno 15 giorni prima dell'avvio dei lavori di scavo al Comune del luogo di produzione e ad ARPAT. Ai sensi dell'art. 5 del Codice dell'amministrazione digitale dal 01/07/2013 imprese e professionisti iscritti ad albi ed elenchi sono tenuti a trasmettere la dichiarazione via PEC (vedi punto precedente). Esclusivamente ai privati cittadini è consentito - se lo desiderano - presentare l'istanza anche a mano, per posta ordinaria o fax.
  • I risultati delle analisi devono essere trasmessi?
    • Cantieri di grandi dimensioni (>6000 m3) sottoposti ad AIA/VIA: si, i dati del Piano di utilizzo che attestano i requisiti di qualità ambientale previsti dall'art.4 devono essere trasmessi all'autorità competente e ad ARPAT.
    • Cantieri di piccole dimenzioni (<6000m3) e di grandi dimensioni non sottoposti a VIA/AIA: No, non è prevista la trasmissione dei dati che attestano al qualità ambientale (art.4) delle terre e rocce di scavo. I dati devono essere conservati a disposizione per eventuali accertamenti dell'ente di controllo.
  •  É necessaria un'approvazione esplicita da parte dell'Autorità competente e/o di ARPAT?
    No, la norma non prevede una specifica approvazione.
    Nel caso del Piano di utilizzo - in base all'art. 9 - l'autorità competente, entro 30 giorni, può chiedere integrazioni alla documentazione o stabilire prescrizioni specifiche. Decorsi 90 giorni dalla presentazione - a condizione che siano rispettati i requisiti indicati nell'art.4 - il proponente avvia la gestione delle terre e rocce in accordo con il piano di utilizzo fermi restando gli eventuali altri obblighi previsti dalla normativa vigente per la realizzazione dell'opera. Tali tempi possono essere ridotti in base all'art. 9 c.8 secondo cui il proponente può chiedere ad ARPAT delle verifiche al fine di una validazione preliminare del piano di utilizzo.
    A maggior ragione non è prevista approvazione della dichiarazione sostitutiva: che è una attestazione del rispetto delle condizioni previste dalla norma sotto la responsabilità del dichiarante. Ai sensi dell’art. 71, comma 3, del DPR 445/2000, qualora la dichiarazione presenti delle irregolarità o delle omissioni rilevabili d’ufficio, non costituenti falsità, i destinatari della dichiarazione ne danno notizia all’interessato che deve  regolarizzare/completare la dichiarazione. Una dichiarazione di utilizzo articolo 21 incompleta che non fornisca le informazioni previste dal modello previsto dalla norma (allegato 6) non risulta valida. 

Quesiti relativi alle fasi successive alla dichiarazione

  • È richiesto il re-invio della dichiarazione di utilizzo solo qualora le variazioni apportate al progetto originale comportino variazioni nei volumi di scavo o anche per modifica di altri requisiti e condizioni?
    La variazione della quantità in aumento rispetto alle previsioni può avere conseguenze anche sull'utilizzo presso il sito di destinazione e pertanto può rappresentare una modifica che deve essere comunicata, così come variazioni della durata prevista, del sito di deposito intermedio, per modifica o aggiunta di siti di destinazione.
    Nel caso di cantieri soggetti all’invio del Piano di utilizzo (art.15) è considerata modifica sostanziale l’aumento di volume in banco in misura superiore al 20% dei materiali di scavo oggetto del piano. Il Piano di utilizzo è aggiornato entro 15 giorni dal momento della variazione e decorsi i 60 giorni dalla trasmissione del Piano aggiornato le terre e rocce eccedenti il volume originario sono gestite in conformità al Piano aggiornato.
    Nei restanti casi - come specificato all’art. 21 c.3 - nel caso di modifica sostanziale dei requisiti ambientali (art.4) il produttore aggiorna la dichiarazione e la trasmette al comune del luogo di produzione e ad ARPAT. Decorsi 15 giorni dalla trasmissione si può procedere alla gestione dei materiali di scavo.
    In base all'art.21 c.4 i tempi previsti per l'utilizzo possono essere prorogati una sola volta per un tempo massimo di 6 mesi.
  • ARPAT può fare dei controlli?
    Nel caso di cantieri con volumi di terre e rocce >6000 m3 sottoposti a VIA/AIA - come previsto dall'art. 9 c.7 - le strutture di ARPAT competenti per territorio effettuano, secondo una programmazione annuale, i controlli e le ispezioni necessarie per accertare il rispetto degli obblighi assunti nel piano di utilizzo. I controlli sono disposti anche con metodo a campione o in base a programmi o nelle situazioni di potenziale pericolo comunque segnalate o rilevate. Gli oneri economici sono a carico del proponente.
    Nei restanti casi - cantieri con volumi di terre e rocce < 6000 m3 o maggiori a 6000 m3 ma non soggetti a VIA/AIA - ai sensi dell’art. 71, comma 1 del DPR 445/2000 - ARPAT deve effettuare controlli, anche a campione e in tutti i casi in cui sorgano dubbi sulla veridicità di quanto dichiarato.  Il controllo di ARPAT sarà organizzato in due fasi:
    a) verifica di completezza delle dichiarazioni;
    b) approfondimento documentale ed eventuale ispezione in campo sulle dichiarazioni che presentino elementi di rischio per l’ambiente più rilevanti.
    Il soggetto sottoposto a controllo è tenuto a esibire la documentazione che attesti la regolarità dell’opera da cui originano i materiali da scavo e di quella in cui vengono riutilizzati (cioè le autorizzazioni), la documentazione tecnica che supporti la veridicità di quanto dichiarato (in particolare le evidenze che dimostrano la conformità delle terre e rocce di scavo alle CSC dei siti di produzione e di destinazione) e quella relativa al trasporto, tenendo presente che le dichiarazioni non veritiere sono suscettibili, ai sensi dell’art. 76 del DPR 445/2000, di sanzioni penali.
  • Con quale documento di trasporto viene accompagnato il trasporto delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti?
    L’art. 6 prevede l’utilizzo del documento di trasporto il cui fac-simile è contenuto nell’allegato 7. Le informazioni richieste dal modulo includono dettagli (orario di partenza ed arrivo) che portano a ritenere che a ciascun trasporto deve corrispondere un modulo. La compilazione del documento è richiesta anche nel caso di trasporto di terre e rocce da/per sito intermedio (art. 5).
  • Quali sono gli adempimenti relativi alla Dichiarazione di avvenuto utilizzo?
    Dall’art. 7 della norma è prevista la Dichiarazione di Avvenuto Utilizzo (DAU) con la quale si richiede che l’esecutore delle opere o il produttore delle terre e rocce da scavo attestino mediante dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà l’avvenuto utilizzo delle terre e rocce da scavo secondo quanto previsto da piano di utilizzo o dalla dichiarazione inviata prima dell’inizio dei lavori. La DAU deve essere inviata entro i termini di validità del piano di utilizzo o della dichiarazione (allegato 8).
    Sempre l’art. 7 prevede che l’omessa dichiarazione entro i termini di cui sopra comporta la cessazione della qualifica delle terre e rocce da scavo come sottoprodotto, questo ha come conseguenza la contestazione di violazioni previste dalla Parte IV del Dlgs 152/06 (Rifiuti) con rilevanza penale. Pertanto si sottolinea la necessità agli operatori del settore che tale adempimento sia svolto entro i termini previsti.

Quesiti relativi alle pratiche al 22/08/2017 (DM 161/2012 e art.41 bis L.98/2013)

  • ARPAT può richiedere chiarimenti o integrazioni?

Sì, ai sensi dell’art. 71, comma 3, del DPR 445/2000, qualora la dichiarazione presenti delle irregolarità o delle omissioni rilevabili d’ufficio, non costituenti falsità, ARPAT ne dà notizia all’interessato (e al Comune competente) che deve regolarizzare o completare la dichiarazione.

  • ARPAT deve effettuare controlli?

Sì, ai sensi dell’art. 71, comma 1, del DPR 445/2000 deve effettuare controlli, anche a campione, e in tutti i casi in cui sorgano dubbi sulla veridicità di quanto dichiarato.

  • Che tipo di controllo sarà effettuato da ARPAT sulle dichiarazioni pervenute?

Il controllo da parte di Arpat sarà organizzato in due fasi:
a) controllo a campione ai fini della verifica di veridicità delle dichiarazioni;
b) approfondimento documentale ed eventualmente anche ispettivo in campo sulle dichiarazioni che presentino elementi di rischio per l'ambiente più rilevanti.

  • Cosa si deve esibire nell'eventualità di un controllo da parte di ARPAT?

La documentazione tecnica che supporti la veridicità di quanto dichiarato, con riferimento a quanto previsto dal comma 1 dell'art. 41bis, tenendo presente che le dichiarazioni non veritiere sono suscettibili, ai sensi dell’art. 76 del DPR 445/2000, di sanzioni penali.

  • Cosa succede se il controllo dimostra che i materiali da scavo non rispettano i requisiti dell’art. 41bis?

Decadono le condizioni per poter considerare gli stessi come dei sottoprodotti, per cui rientrano nella normativa sui rifiuti. Inoltre, al dichiarante potrebbero essere imputate delle sanzioni penali nel caso in cui venga riconosciuto colpevole di dichiarazione non veritiera o di falsità negli atti ai sensi dell’art. 76 del DPR 445/2000

  • La modifica delle condizioni e dei requisiti dichiarati deve essere segnalata?

Sì; secondo il comma 2 dell’art. 41bis deve essere segnalata entro 30 giorni al Comune del luogo di produzione, ma è opportuno che tale segnalazione avvenga nel più breve tempo possibile e che venga inviata anche all’Agenzia di protezione ambientale destinataria della dichiarazione e al Comune del luogo di utilizzo

  • L’ultimazione delle operazioni di utilizzo deve essere segnalata?

Sì, ai sensi del comma 3 dell’art. 41bis deve essere segnalata alle Agenzie di protezione ambientale territorialmente competenti, con riferimento al luogo di produzione e di utilizzo. È opportuno che la dichiarazione sia inviata non appena ultimato il riutilizzo.
Il mancato invio di tale comunicazione può comportare l'applicazione della qualifica di rifiuto al materiale scavato.

 

 

 
Azioni sul documento
Strumenti personali