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La produzione di energia dalla risorsa geotermica

27/04/2023 11:00

In Toscana potremmo incrementare la produzione di energia elettrica vista la presenza un’anomalia termica piuttosto diffusa soprattutto nella parte sud della regione

Proseguono gli appuntamenti formativi rivolti al personale di ARPAT. “La dimensione energetica del cambiamento climatico. Il geotermico in Toscana: potenzialità e criticità” è il titolo della giornata scientifica tenuta dal Dott. Paolo Fulignati (Dipartimento di Scienze della Terra - Univerisità degli Studi di Pisa) e dall'Ing. Paolo Conti (Dipartimento di Ingegneria dell'Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni - Università degli Studi di Pisa).

Il dott. Paolo Fulignati fa un quadro generale della geotermia, ricordando che si tratta di una risorsa disponibile in grande quantità, affidabile e rinnovabile. Se gestita in maniera adeguata ha un impatto ambientale contenuto sull’ambiente, infatti le emissioni sono ridotte soprattutto se paragonate alle centrali a carbone o ad altre tipologie di centrali per la produzione di energia.

Quando pensiamo alla geotermia per lo più ci viene in mente quella ad alta temperatura, ma la geotermia è anche altro: dalla geotermia ad alta temperatura per la produzione di energia fino a quella legata agli usi diretti per riscaldare case, edifici pubblici ecc. Questo significa che l’energia geotermica, il calore terrestre, può essere convertita in energia elettrica ma può esser utilizzata anche per usi diretti, anche di tipo industriale e per impianti di riscaldamento e raffreddamento, grazie alle pompe geotermiche.

In molte nazioni del mondo si produce energia elettrica dalla geotermia; l’Italia è la patria della geotermia nata a Larderello nel 1904, quando il principe Ginori accese la prima lampadina utilizzando i vapori geotermici. Attualmente è diffusa in molte parti del mondo: Italia, Islanda, Germania, Turchia, Giappone e sud est asiatico, Stati Uniti d’America, Sud America.

La quantità di energia prodotta dalla geotermia è aumentata dal 1995 al 2022, il trend ha subito un’accelerazione verso l’aumento della potenza elettrica installata e prodotta a partire dal 2015. Al tempo stesso, sempre negli ultimi anni, è in ascesa anche il trend legato agli usi diretti della geotermia, non per la produzione di energia elettrica ma per la produzione di calore. Infatti, avere a disposizione del calore che ci proviene dalla terra comporta importanti risparmi dal punto di vista energetico ed in termini di riduzione delle emissioni di gas serra.

Il calore terrestre, ospitato all’interno del nostro pianeta, è originato da tre principali fonti:

  • il calore presente nel nucleo, nel mantello che ha bisogno di miliardi di anni per raffreddarsi
  • il calore prodotto dal decadimento degli isotopi radioattivi (uranio e altri)
  • il calore prodotto dalla radiazione solare, che interessa i primi metri della superficie terrestre.

Il 99% della massa terrestre è al di sopra dei 1000 gradi, la quantità di energia presente nel nostro Pianeta è infinita, o quasi. Il problema è che le rocce hanno una conducibilità termica molto bassa quindi per avere un’anomalia termica rilevante, che possa essere sfruttata, bisogna che sia relativamente vicino alla superficie, 5-7 Km dalla superficie (sistemi geotermici ad alta temperatura).

Tra le zone più calde in Europa troviamo: l’Italia nella fascia tirrenica, l’Islanda, la Turchia, l’Egeo e alcune zone della Grecia. In queste aree si può sfruttare la geotermia per la produzione di energia con impianti convenzionali. Altre aree, invece, hanno fluidi a temperature intorno ai 150 gradi, c’è un’anomalia termica che consente a 2000 mt di profondità di avere delle temperature che potenzialmente possono essere utilizzate anche per la produzione di energia elettrica o per usi diretti del calore, come accade nel bacino di Parigi.

I sistemi geotermici convenzionali sono quelli che utilizzano un fluido vettore, che trasporta il calore verso le parti superficiali in modo da essere captato e poi utilizzato. Per lo sviluppo di un sistema convenzionale, sono necessari 5 elementi fondamentali:

  • sorgente di calore (massa magmatica, ecc) che cede calore e innesca processi di riscaldamento dell’acqua
  • serbatoio costituito da rocce permeabili all’interno delle quali il fluido possa muoversi
  • acqua, che è il vettore, circola all’interno dei serbatoi, si riscalda per l’anomalia termica, avviando la circolazione idrotermale dei fluidi geotermici
  • copertura che impedisce la dissipazione del calore
  • ricarica meteorica, il serbatoio deve essere connesso con delle zone in cui l’acqua meteorica si infiltra, va in profondità e raggiungendo il serbatoio geotermico l’acqua si riscalda.

Tutta la Toscana al di sotto dell’Arno, a sud, è interessata da un’anomalia termica. A Pisa c’è un pozzo, perforato alla fine degli anni ‘90, che a 650 mt ha trovato fluidi di acqua calda a 50 gradi e sotto la città c’è un acquifero che ha una temperatura tra i 25-26 gradi. La Valdera, la Valdicecina e tutta la zona sud della Toscana sono caratterizzate da anomalia termica importante ma è Larderello “il vero fiore all’occhiello” della geotermia toscana, in questa zona, infatti, come accennato sopra, è presente almeno un plutone in via di raffreddamento. Altra zona interessante è quella dell’Amiata, Pian Castagnaio e Bagnore dove c’è un’anomalia termica molto importante legata ad una vecchia camera magmatica del vulcano amiatino che ancora sta raffreddando, cede calore e innesca processi geotermici. Larderello e Monte Amiata sono due campi geotermici ad alta entalpia ma le potenzialità nella nostra regione sarebbero molto maggiori.

Come si produce energia elettrica dalla risorsa geotermica? A questa domanda risponde l'Ing. Paolo Conti, introducendo la seconda parte della lezione scientifica. Esistono tre tipologie di centrali geotermiche:

  • centrali ad estrazione diretta – a vapore secco
  • impianti a flash
  • impianti a ciclo binario.

Nel primo gruppo rientrano quelle centrali che dispongono del vapore secco, situazione eccezionale e pertanto alquanto favorevole in quanto si raggiungono temperature fino a 250°, anche se mediamente le temperature sono più basse. Il secondo gruppo (impianti a flash) sfrutta la risorsa allo stato fluido, liquido, per produrre energia elettrica. Il problema in questo caso è la temperatura del liquido, mentre l’ultimo gruppo, centrali a ciclo binario, utilizzano anch’esse un fluido, un liquido, ma le temperature non sono così elevate da consentire con facilità la produzione di energia elettrica.

In estrema sintesi, possiamo dire che le centrali a vapore e flash hanno bisogno di temperature più alte mentre gli impianti a ciclo binario lavorano con temperature più basse, quest’ultime sono più piccole e producono meno energia elettrica rispetto alle centrali a vapore e flash.

Nelle centrali a vapore secco, quest’ultimo viene estratto dai pozzi nel sottosuolo ed inviato direttamente in turbina che, girando, produce energia elettrica in virtù del valore energetico di questo vapore. Questa turbina alimenta un generatore elettrico che produce elettricità, una volta finita la sua espansione, finisce nel condensatore dove viene trasformato in liquido, raffreddato e poi re-iniettato nel sottosuolo attraverso i pozzi di iniezione.

Gli elementi impattanti di questo tipo di centrali sono le grandi torri da cui fuoriesce il vapore. Parte dell’acqua nelle centrali viene nebulizzata, nel passaggio da liquido a vapore, l’acqua si raffredda e fuoriesce la nuvola di vapore di colore bianco. Il condensatore per essere efficiente deve essere mantenuto ad una pressione che è inferiore a quella atmosferica, perché questo accada bisogna evitare l’accumulo di gas, questo significa che, se per qualche motivo nel fluido geotermico sono presenti i gas non condensabili (anidride carbonica ed altri) questi devono essere rimossi altrimenti, chiusi, comprometterebbero il livello di pressione del condensatore. Il compressore prende questi gas, li estrae e li riporta a pressione atmosferica, successivamente questi gas vengono trattati e rilasciati in atmosfera.

La questione dei fluidi non condensabili è molto importante, infatti impegna la nostra Agenzia in un’attività di monitoraggio. Il fluido geotermico è composto prevalentemente da acqua ma, al suo interno, a seconda della natura del campo geotermico, sono presenti dei gas definiti non condensabili, la maggiore parte dei quali è rappresentata da anidride carbonica ma anche H2S (responsabile dell’odore tipico che si percepisce nelle zone della geotermia) ed altri gas.

Gli impianti a flash funzionano utilizzando l’acqua, quindi hanno bisogno di un fluido a pressione e a temperatura molto elevata. Parte del processo di produzione di energia elettrica è simile a quello visto per le centrali a vapore, ovvero: turbina, generatore e condensatore elettrico mentre il punto caratteristico di questi impianti è la presenza di una tecnologia che consente di fare passare l’acqua dalla fase liquida alla fase vapore per mandarlo alla turbina e produrre energia con lo stesso processo visto per le centrali a vapore secco.

La differenza rispetto alle centrali a vapore secco è che, negli impianti flash, il vapore non c’è ma viene creato dal fluido estratto dai pozzi grazie ad un separatore che diminuisce la pressione e separa il vapore dalla parte liquida. Il vapore servirà alla creazione dell’energia elettrica.

Molte fonti geotermiche sono disponibili a temperature inferiori a 150°, una temperatura che necessita di una particolare tecnologia per sfruttare la risorsa geotermica: tecnologia a ciclo binario tratta due fluidi. Nel ciclo binario, il fluido geotermico non va in turbina, non partecipa attivamente al processo di produzione di energia ma viene pompato, fatto passare attraverso uno scambiatore di calore e successivamente, una volta raffreddato, viene re-iniettato nel sottosuolo. Nello scambiatore di calore, il fluido geotermico cede il suo calore al fluido binario che non è acqua ma formato da composti organici o idrocarburi. Il fluido geotermico ha lo scopo di riscaldare il fluido secondario che poi genererà energia elettrica. In questo caso non c’è collegamento tra il fluido geotermico e l’esterno, quindi, non c’è bisogno di estrarre i gas non condensati come invece accade in altre tipologie di centrali.

Le centrali a ciclo binario sono più piccole e la risorsa è meno pregiata, pertanto, si ottengono rendimenti più bassi rispetto a quelle ottenute dalle altre tecnologie, costringendo ad utilizzare più quantità di massa per ottenere lo stesso megawatt elettrico. Questi impianti hanno neccesità di quantità di acqua per ottenere il raffreddamento dell’intero processo di produzione della centrale, non si tratta di acqua da sorgente, l’impianto lavora ciclo chiuso ma della cd acqua di reintegro.

La produzione di energia dalla geotermia ha taluni aspetti di vantaggio da tenere in considerazione, uno di questi è il “fattore di utilizzazione”, che risulta estremamente elevato rispetto alle centrali a combustione fossile (olio, carbone, gas), molto elevato anche rispetto alle altre rinnovabili: l’energia solare, ad esempio, si utilizza per un 15%-20% di tutto il tempo che è a disposizione perché non c’è sempre il sole alla sua massima potenzialità, quella eolica è tra il 20%- 25% mentre l’energia geotermica, proprio per le sue caratteristiche di continuità, ha un utilizzo che si attesta all’80%, paragonabile a quella nucleare in termini di ore equivalenti di funzionamento.

Inoltre, un'altra caratteristica da valutare è la coltivazione del campo e la sua sostenibilità; aumentando la produzione ed installando nuovi pozzi, si crea uno squilibrio che si argina con la tecnologia della re-iniezione, che ha rimesso in equilibrio, negli anni, la situazione del sottosuolo sia in termini di massa che di energia, favorendo così la sostenibilità della geotermia.

Per quanto riguarda l’impatto sul suolo, vediamo che la produzione di energia dalla risorsa geotermica ha un indice specifico di megawatt impiegati e metri quadri utilizzati per generare un megawatt piuttosto vantaggioso, soprattutto se paragonato al solare, all’eolico o all’idro-elettrico. Certamente l’impatto esiste ma va sempre confrontato con le alternative utilizzate per la produzione di energia, sia essa da fonti fossili o rinnovabili. In definitiva la geotermia ha bisogno di svilupparsi in verticale e non in orizzontale, questo rappresenta un vantaggio in quanto consuma meno suolo.

La geotermia, infine, ha un potenziale anche a temperature non necessariamente elevate non tanto per la produzione di energia elettrica ma ai fini del riscaldamento e raffreddamento di edifici oppure per usi agricoli: acquacoltura, climatizzazione delle serre oppure per quelli industriali: cartaceo, alimentare, ecc., dove non c’è bisogno di 200° ma di tanta energia a 80°- 100°. In queste situazioni l’energia geotermica può essere vista come un'ottima risorsa.

Possiamo concludere affermando che l’utilizzo della geotermia mostra non solo vantaggi economici ma anche ambientali in quanto non ci sono emissioni legate alla combustione delle fonti fossili.

In Toscana potremmo incrementare la produzione di energia elettrica, visto che è presente un’anomalia termica piuttosto diffusa, che potremmo sfruttare creando molti più impianti anche a scambio binario, come accade in Germania. L’interesse ad ampliare la produzione di energia dalla risorsa geotermica sussiste ma non mancano problemi legati all’iter burocratico, ai procedimenti autorizzativi di questi impianti e anche al rapporto con le comunità locali e la politica.

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