Vai ai contenuti. | Spostati sulla navigazione

Sei in: Home Notizie ARPATnews 2022 065-22

Dove Siamo

 
ARPAT News - newsletter sulle tematiche ambientali
Martedì 12 aprile 2022

Terre e rocce da scavo nell'area metropolitana di Massa-Carrara


L’esperienza del Dipartimento di Massa-Carrara nelle istruttorie delle terre e rocce da scavo per offrire a cittadinanza ed utenti ulteriori chiarimenti ed aggiornamenti

Il 22 agosto del 2017 è entrato in vigore il Dpr 13 giugno 2017, n. 120, "Riordino e semplificazione della disciplina sulla gestione delle terre e rocce da scavo", con il dichiarato obiettivo di "semplificare la disciplina in materia di terre e rocce da scavo, riducendola ad un unico testo, integrato, autosufficiente e internamente coerente".
Nello specifico, il Dpr 120/2017 disciplina:

  •   la gestione delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti;
  •   la gestione delle terre e rocce da scavo nei siti oggetto di bonifica;
  •   l'utilizzo in situ delle terre e rocce da scavo escluse dalla disciplina sui rifiuti;
  •   il deposito temporaneo delle terre qualificate come rifiuti;

ma esclude dal suo campo di applicazione:

  • i rifiuti provenienti "direttamente" dall'esecuzione di interventi di demolizione di edifici o altri manufatti preesistenti (che sono disciplinati dalla Parte IV del Dlgs 152/2006);
  • l'immersione in mare del materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte (disciplinata dall'articolo 109 del Dlgs 152/2006).

La norma ha sostituito il Dm 10 agosto 2012, n. 161 ed ha introdotto interessanti innovazioni, quali la definizione di “terre e rocce da scavo” che sono rappresentate dal “"suolo escavato derivante da attività finalizzate alla realizzazione di un'opera”.
Nel testo viene indicato quali sono le “opere” cui si applica la norma, che sono:

  • gli scavi in genere, tra i quali: lo sbancamento, le fondazioni, le trincee; la perforazione, la trivellazione, la palificazione, il consolidamento;
  • le opere infrastrutturali, tra cui le gallerie e le strade;
  • la rimozione e il livellamento di opere in terra.

Per una più completa disamina di cosa si intenda per “suolo”, “opera” e “lavori”, si rimanda a quanto indicato all’articolo 2 del Dpr 120/2017, ma è importante evidenziare che le terre e rocce normate dal Dpr i 120/2017 sono solamente quelle provenienti dal “suolo escavato derivante da attività finalizzate alla realizzazione di un’opera”.

Rilevante per il contesto apuano è che nel testo di legge non ci sia un esplicito richiamo alla definizione di terre e rocce provenienti dai "residui della lavorazione di materiali lapidei", ma tale previsione era già stata cancellata dalla previgente definizione di “materiale di scavo” contenuta nel Dm 161/2012, operata dalla legge 221/2015 (cd. "Green economy").
Le terre e rocce da scavo normate dal Dpr 120/2017 possono provenire sostanzialmente da tre diverse tipologie di cantiere, per ognuna delle quali si applicano procedure di gestione differenti:

  • cantieri di piccole dimensioni (produzione di terre e rocce < 6.000 m3)
  • cantieri di grandi dimensioni (produzione di terre e rocce > 6.000 m3)
  • cantieri di grandi dimensioni non sottoposto a Via o Aia.

La sussistenza delle condizioni richieste per la gestione come sottoprodotti delle terre e rocce da scavo, deve essere attestata tramite la trasmissione all’Autorità competente e all’Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente:
ex ante:

  • del Piano di utilizzo, per i grandi cantieri sottoposti a Via o Aia;
  • della Dichiarazione di utilizzo, per i piccoli cantieri e per i grandi cantieri non sottoposti a Via o Aia;

ex post:

Per un ulteriore approfondimento sul Dpr 120/2017 si rimanda alla lettura dell’interessante sezione relativa alle “Risposte a domande frequenti (FAQ)” presente sul sito ARPAT, nonché a quanto riportato nelle “Linee guida sull’applicazione della disciplina per l’utilizzo delle terre e rocce da scavo”, redatte a cura del SNPA e scaricabili direttamente attraverso questo collegamento.

Il Dpr 120/2017 contiene una serie di allegati che, oltre a facilitare la presentazione della documentazione richiamata ed indispensabile alla corretta definizione dei procedimenti di gestione, forniscono anche importanti indicazioni operative.
Per quanto riguarda i “cantieri di piccole dimensioni”, che rappresentano la totalità dei procedimenti presentati al Dipartimento ARPAT di Massa Carrara nel triennio in esame, il produttore delle terre e rocce da scavo deve, preliminarmente all’inizio delle attività di scavo, presentare una Dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, redatta sul modello di cui all’Allegato 6 del Dpr 120/2017 ed ai sensi e per gli effetti dell’articolo 47 e dell’articolo 38 del Dpr 445/2000 (c.d. “dichiarazione sostitutiva di atto notorio”). È bene ricordare che questa Dichiarazione, come pure la Dichiarazione di avvenuto utilizzo, sono atti formali che, a norma dell’articolo 76 del Dpr 445/2000 prevedono che chiunque rilasci dichiarazioni mendaci o formi atti falsi sia punito ai sensi del codice penale. È molto importante evidenziare anche che, essendo sostitutive di atto notorio, le Dichiarazioni (sia di utilizzo, che di avvenuto utilizzo) devono essere sempre compilate in tutte le loro parti ed in tutti i campi previsti dai modelli predisposti dal legislatore, evitando quindi di lasciare campi vuoti non compilati, che le renderebbero non valide, in quanto formalmente non compilate correttamente.

Altro punto da tenere bene presente, che nell’esperienza del Dipartimento è capitato che non venisse opportunamente considerato da parte del produttore delle terre e rocce da scavo, è che la Dichiarazione di utilizzo deve essere necessariamente presentata almeno 15 giorni prima della data di inizio dei lavori di scavo (art. 21 c. 1 del Dpr 120/2017) ai soggetti individuati nella norma (comune del luogo di produzione ed all’Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente).

La dichiarazione di utilizzo, così come anche quella di avvenuto utilizzo, devono essere datate, firmate ed accompagnate dalla copia del documento di identità del produttore di terre e rocce, a meno che non vengano sottoscritte con firma digitale dallo stesso produttore, oppure non vengano inviate dal domicilio digitale (PEC) del dichiarante (nel caso di professionisti e/o titolari d’impresa iscritti nell’Indice nazionale dei domicili digitali di imprese e professionisti INI-PEC). Nel caso in cui il dichiarante sia invece una persona fisica, un professionista o altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese ed in attesa dell’operatività dell’Indice nazionale INAD di cui all’art. 6-quater del CAD, le dichiarazioni dovranno necessariamente essere sottoscritte digitalmente, oppure dovranno essere accompagnate dalla copia di un documento di identità.

Un ulteriore elemento importante, che nell’esperienza del Dipartimento di Massa Carrara non sempre è stato tenuto nella dovuta considerazione da parte dei produttori, è la necessità di presentare, al termine della gestione delle terre e rocce da scavo, la prescritta Dichiarazione di avvenuto utilizzo (D.A.U.). Questo documento attesta e certifica, da parte del produttore, l’effettivo termine, la reale consistenza dei quantitativi di terre prodotte, nonché la conformità della gestione delle terre e rocce con quanto dichiarato nella Dichiarazione di utilizzo. La D.A.U. deve essere presentata entro il termine di validità della Dichiarazione di utilizzo. In mancanza dell’invio della D.A.U., ovvero qualora la D.A.U. venga inviata oltre i termini, le terre e rocce da scavo perdono la qualifica di sottoprodotti e ritornano ad essere considerate rifiuti, rientrando quindi nelle modalità di gestione indicate nella Parte IV del D.Lgs 152/06. La condotta relativa alla gestione dei rifiuti non autorizzata è punita con sanzione penale ai sensi dell’art. 256 del D.Lgs. 152/06 e smi.

Nel corso del triennio sotto osservazione è stato appurato che una delle problematiche più frequenti rilevabili nelle Dichiarazioni presentate, fosse quella legata al fatto che la Dichiarazione di utilizzo non era stata presentata almeno 15 giorni prima dell’inizio dei lavori di scavo. Quanto riscontrato rappresentava un'irregolarità sanabile mediante la presentazione di una nuova Dichiarazione prima dell’inizio dei lavori di scavo (contenente le corrette tempistiche di intervento), ma avrebbe potuto esporre il produttore a possibili contestazioni di fatti illeciti aventi rilevanza penale.
Le Dichiarazioni di utilizzo pervenute al Dipartimento ARPAT sono soggette a verifica e se dal loro esame dovessero emergere problematiche evidenti, che vanno oltre i meri mancati adempimenti formali, può essere necessaria l’effettuazione di controlli mirati. Nel triennio osservato questo accertamento da parte di ARPAT, in almeno un caso, ha evidenziato un comportamento illecito da parte di un produttore, avente rilevanza penale, che è stato pertanto segnalato alla Magistratura.

Nel triennio, illeciti penali sono stati accertati anche a carico di produttori che avevano omesso di presentare la Dichiarazione di avvenuto utilizzo (D.A.U.), oppure l’avevano presentata in ritardo. Questo tipo di illecito ha comportato la conseguente segnalazione all’Autorità Giudiziaria e l’emissione di provvedimenti prescrittivi, che hanno portato alla contestazione di verbali sanzionatori a carico del contravventore per importi pari a 6.500 euro, per ognuno degli illeciti rilevati.
Concludiamo con un riassunto relativo al numero delle Dichiarazioni di utilizzo pervenute al Dipartimento di Massa Carrara nel periodo 2019-2021, suddivise per comuni e per aree geografiche del territorio della provincia di Massa Carrara.

Testo di Giacomo Mileo


Organizzazione con sistema di gestione certificato e laboratori accreditati
Maggiori informazioni all'indirizzo www.arpat.toscana.it/qualita




— archiviato sotto: ,
Azioni sul documento
Strumenti personali