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ARPAT News - newsletter sulle tematiche ambientali
Giovedì 03 giugno 2021

La pressione ambientale del distretto industriale di Massa-Carrara


Il contesto industriale ed economico dell’area risulta non riuscire ad allinearsi alle esigenze di rispetto ambientale e salubrità di un territorio fortemente compromesso da una passata industrializzazione in ambito chimico, meccanico e lapideo

Le segnalazioni che nel corso degli anni sono giunte ad ARPAT dai cittadini della provincia di Massa-Carrara descrivono per la maggior parte la zona industriale a cavallo tra le due città come un'area che ancora oggi porta su di sé i segni di un processo d'industrializzazione pesante avvenuta il secolo scorso. L’area industriale, oggetto di questa ricostruzione, come altre in Italia, sono il risultato di politiche urbanistiche, migratorie, industriali, di mobilità/trasporti, energetiche che risalgono a prima della seconda guerra mondiale; tutti progetti ripresi e realizzati in tempo di pace e di espansione fino a circa tutti gli anni ‘70.

Tentare di comprendere le scelte del passato può dare consapevolezza degli errori da non ripetere, in tal senso ci può essere utile l’affermazione di Orwell “Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato".

Nascita del distretto industriale

La Zona Industriale Apuana è un territorio di circa 1.000 ettari, destinato ad attività produttive, a breve distanza dal mare, in posizione baricentrica rispetto al confine tra i due centri urbani di Massa e di Carrara, e che fino a tutti gli anni '80 ha rappresentato la maggiore concentrazione produttiva della provincia.

L'area è compresa e delimitata ad ovest dal torrente Carrione e ad est dal Frigido ed attraversata dal fosso Lavello; quest'ultimo non è un corso d'acqua naturale ma il frutto della sistemazione idraulica che l'area paludosa tra le montagne ed il mare ha subito nel corso del XIX sec.

La destinazione industriale dell'area, istituita nel 1938 con un ambizioso progetto di attrazione di investimenti dovuto principalmente a sgravi fiscali, riuscì a far installare primarie aziende chimiche, meccaniche e lapidee. L'iniziativa di “profondo rinnovamento” economico e sociale venne ulteriormente sottolineata con la nuova denominazione di Apuania delle province di Massa e Carrara, istituita nel 1938 e rimasta in vigore fino al 1946.

La posizione strategica di prossimità al triangolo industriale Torino-Milano-Genova, la disponibilità di una rete ferroviaria già predisposta e facilmente potenziabile per i traffici con Genova e Livorno (porti, cantieri navali ed aeronautici, raffinerie ecc), la vicinanza del porto di Carrara e di Pisa per l'offerta di competenze tecnico-scientifiche, insieme ad una crisi occupazionale della zona subita dal settore estrattivo del marmo dopo il 1929 e quella derivante dal termine del secondo conflitto mondiale, furono per circa 40 anni i detonatori capaci di imprimere la realizzazione di una fiorente economia su tutto il territorio apuano.

capannone industrialeConsolidamento ed espansione

La grande disponibilità di manodopera e le agevolazioni fiscali e tariffarie istituite fin dal 1938 e poi protratte fino al 1951, per le pressioni esercitate sulle autorità politiche del tempo dalle lobby industriali delle comparto nazionale della chimica e della metalmeccanica (Breda, Marelli, Innocenti-Dalmine, Montecatini per dire solo le principali), rivelano l'impegno per la creazione di un distretto industriale non di semplice supporto ai settori industriali del nord, risollevando, anche attraverso l'indotto, le sorti economiche e sociali di tutto il territorio circostante.  

Nell'area, nel corso degli anni, si insediarono diversi impianti.

La Solvay, oggi Solvay Chimica Italia Spa, si insedia a Massa nel 1963, negli ultimi venti anni la produzione si è concentrata sul "bianco fisso", il solfato di bario, utilizzato nelle vernici industriali, dalle auto alle infrastrutture, metalliche e contenuto essenziale nella componentisitica elettronica.

La Farmoplant (ex Montedison-Diag), sussidiaria di Montedison, fondata nel 1976 con sede a Milano e chiusa definitivamente nel 1991, con la produzione di fitofarmaci ed insetticidi. Sarà la produzione del famigerato pesticida “Rogor” ad attivare la procedura di chiusura dopo lo scoppio dei suoi silos nel luglio del 1988 che inquineranno per lungo tempo la foce del Lavello .

La Dalmine, che dal 1943, con la Innocenti, realizza lo stabilimento destinato inizialmente a fornire granate e poi a produrre tubi per l'industria petrolifera, si estendeva per circa 187.000 med occupava circa 1.500 dipendenti. Chiuderà nel 1990 in seguito alla crisi dell’industria siderurgica e, successivamente, una parte dell’area sarà utilizzata come discarica per inerti dal Comune di Massa.

Il Nuovo Pignone, specializzato in  realizzazione di piattaforme petrolifere e nella costruzione di turbine.

La Olivetti con lo Stabilimento industriale Olivetti Synthesis, per la produzione di mobili per uffici, schedari metallici e classificatori. La vicenda costruttiva ha inizio nel 1938, quando la società Adriano Olivetti di Ivrea decide di realizzare nella nascente Zona Industriale Apuana uno stabilimento per la produzione di mobili per uffici, schedari metallici e classificatori.  Alla fine della seconda guerra mondiale, vengono ricostruiti i fabbricati danneggiati dai bombardamenti. Nel 1953 il complesso viene ampliato mediante la realizzazione di altri corpi di fabbrica e la progettazione di nuove officine e dell’edificio per la mensa ed i servizi sociali. Nel 1964 viene ampliato con la costruzione di nuovi uffici e nel 1971 vengono eseguiti ulteriori interventi di adeguamento alle crescenti essigenze produttive.

La Enichem fa sorgere il suo stabilimento chimico su di un area di circa 17 ettari ed arriva alla chiusura, nel 1984, dopo un grosso incendio dei silos. Lo stabilimento ha avuto varie denominazioni: Rumianca, SIR-Rumianca, ANIC Agricoltura, Enichem, Syndial. Le attività svolte da questa industria nel corso della sua storia sono state molteplici. Inizialmente, nel 1940, occupava circa 1.200 lavoratori e vi erano impianti per la produzione di acido formico, arsenico metallico, anidride arseniosa, arseniato di piombo, anticrittogamici a base di rame, terre decoloranti, prodotti dell’elettrolisi del cloruro di sodio. Verso il 1960 vi fu una riconversione dello stabilimento ed entrarono in funzione impianti di sintesi di fitofarmaci (antiparassitari, diserbanti, insetticidi). Dopo il 1980 le lavorazioni di sintesi furono in pratica abbandonate e la produzione si basava essenzialmente su formulazioni di fitofarmaci con acquisto all’esterno dei principi attivi; lo standard qualitativo degli impianti era tuttavia molto basso. Il 12 marzo 1984 si verificò un incidente nel reparto “Erbicidi in polvere” dove veniva prodotto l’ “FS-1”, un diserbante usato dalle ferrovie dello stato, composto da una miscela di Dalapon (acido 2,2-dicloropropionico) (59,5 %), Simazina (2-cloro-4,6-bis-etilamino-1,3,5-triazina) (17,1 %), 2,4-D (acido 2,4 diclorofenossiacetico) (6,1 %) ed inerti.

La Italiana Coke, già Cokapuania (della Montecatini/Edison), copriva una superficie complessiva di 350.000 m2; l’attività industriale, iniziata nel 1947 e terminata nel 1989, riguardava principalmente la produzione di coke metallurgico ottenuto dalla distillazione del carbon fossile e benzolo. La chiusura degli impianti avvenne nel 1990 e lo svuotamento degli impianti, nonché la loro bonifica e le demolizioni, furono effettuate nel periodo 1990–1991.

Lo stabilimento Fibronit, avente superficie di circa 50.000 m2, ha prodotto lastre in cemento amianto e l’area dopo la cessazione delle attività produttive è risultata contaminata da amianto.

La Edison produceva contatori elettrici.

La Riv-Skf, società italo-svedese, era giunta nell’area nel dopoguerra per la produzione di cuscinetti a sfera e la quota italiana era di proprietà del gruppo Fiat. Nel decennio 1977-1987, la crisi del cuscinetto a sfera aveva depresso il mercato e la società non aveva trovato una soluzione nella diversificazione della produzione. Legatasi in join-venture con la svedese Skf, dopo diverse disavventure, sciolse questa unione, fagocitata dall’americana Eaton.

La Iniex, una società tedesca che produceva pompe a  iniezioni per motori a scoppio per trazione terrestre ed aerei, (proprietà Marelli/Fiat).

La Ferroleghe occupava l’area ubicata ad est della località Avenza nel Comune di Carrara, aveva una superficie complessiva di circa 150.000 m2. L’insediamento industriale, avvenuto nel dopoguerra, dal 1971 era impegnato nella produzione di carburo di calcio e sintesi di calciocianamide effettuata per conto della soc. Montedison. Dal ‘71 al ‘74 avviò un progressivo passaggio alla produzione di ferro-cromo, unica produzione dopo il 1974. In aree delimitate vi era lo stoccaggio di scorie arricchite in Cr e Cr VI, di provenienza esterna, da  riprocessare  nei forni dello stabilimento ed esistevano dei bacini di decantazione (lagunaggio) che ricevevano le acque industriali provenienti dal ciclo di abbattimento fumi dei forni con produzione di fanghi contaminati da cromati che venivano accumulati nel sito.

Nel 1970 l’occupazione di tutta l’area industriale superò per la prima volta il livello di quella d’anteguerra, con oltre ottomila addetti ripartiti in 129 stabilimenti, mentre nell’anno di massimo storico dell’occupazione, il 1979, la struttura produttiva della Zona Industriale Apuana raggiunse i 9.797 addetti operanti in 239 stabilimenti.

tetto sfondato capannoneDeclino e dismissioni

Negli anni Ottanta e Novanta l'area ha vissuto un drammatico – per la gravità dei risvolti occupazionali – processo di ristrutturazione, contraddistinto per il primo decennio dal fenomeno del declino industriale, seguito nel decennio successivo ad un periodo votato alla ricostruzione di un tessuto produttivo fortemente basato sulla piccola e media impresa locale.

A seguito della chiusura delle grandi fabbriche, molte delle quali a partecipazione statale, alla fine degli anni '80 il numero di addetti era calato ad un cifra di 6.781 occupati, facendo registrare un calo dell'occupazione di 3.000 unità rispetto al decennio precedente, mentre le aree industriali dismesse iniziavano ed assere sottoposte a procedure di bonifica, con alcune difficoltà, per essere avviate ad una riconversione industriale calibrata sulla piccola e media industria.

Il processo di reindustrializzazione della Zona Industriale Apuana, nel corso degli anni '90, ha registrato la prevalenza dell'insediamento di piccole imprese, per la maggior parte locali, tanto che il numero degli stabilimenti è quasi raddoppiato raggiungendo la cifra di 587 nel 1999, accompagnato da una consistente ricrescita dell'occupazione.

Nel corso degli anni, nell'ambito di una riqualificazione dell'area e con le istanze di un maggior impegno ambientale ed ecologico, sono stati installati impianti  di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani come l'impianto ex inceneritore Cermec o di depurazione delle acque del Lavello dai detriti della lavorazione lapidee

Se il primo ha fatto rilevare ai cittadini cattivi odori durante il suo funzionamento, ugualmente il depuratore idrico è spesso segnalato per maleodoranze, morie pesci o presenza di marmettola, eventi che sono stati segnalati ugualmente per il torrente Frigido.

Anche lo stabilimento Imeris Granital Minerali, che produce granulati di marmo, ed attiguo all’area Cermec, ha evidenziato, in una parte dell’area, la presenza di rifiuti costituiti da RSU indifferenziati frammisti a scorie e polveri di inceneritore analoghi a quelli rinvenuti in area Cermec.

L'area si delinea, per le sue caratteristiche altamente antropiche, come già molto compromessa anche sotto il profilo di una risolutiva bonifica nelle sue diverse matrici. Gli interventi che l'autorità giudiziaria ha emanato, dopo lunghi tempi procedurali, dovuti anche alle difficoltà per individuare gli assetti proprietari, hanno obbligato le società ad intraprendere con modalità adeguate lo smantellamento e la bonifica dei suoli. In questo senso le procedure di bonifica, avviate negli anni con difficoltà e con esecuzioni non sempre portate a compimento, risultano a tutt'oggi ancora in corso.


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