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Giovedì 11 marzo 2021

Il porto 2030


Integrazione ed interoperabilità digitale come standard per i porti digitali del futuro

Un distretto innovativo

Per poter immaginare un porto del futuro secondo i criteri del Green Deal 2030 occorre che sia integrato con le direttrici di trasporto e con i nodi logistici, un porto che non risulta inserito nei corridoi transeuropei, attraverso la ferrovia ed attraverso i grandi assi viari non risulta essere un porto di nuova generazione.

Il nuovo concetto di porto prevede la sua crescita senza aver bisogno di interventi infrastrutturali di larga scala sfruttando le tecnologie digitali disponibili ed efficientando il sistema porto indipendentemente dalle iniziative di adeguamento ed allargamento fisico previsto nel progetto “Darsena Europa”. Il modello europeo cerca quindi di utilizzare e sfruttare l’economia circolare, perseguendo la riduzione dell’impatto ambientale del porto. Questo rappresenta nel suo complesso, un sistema industriale e come tale inquina e consuma materie prime.

Investire nelle rinnovabili per inquinare di meno rappresenta pertanto un’evoluzione orientata alla sostenibilità e dove, come afferma Pagano, anche il 5G può contribuire in modo determinante a soddisfare questa visione, collegando criteri di sostenibilità ambientale alle attività industriali del sistema porto. Per ottenere ciò, occorre perseguire un miglioramento della navigabilità degli scali, l’efficienza operativa, ottimizzare la capacità delle banchine ed in ultima analisi, come afferma Querci, trasformare il porto in un Hub dell’innovazione a livello locale ma anche dai risvolti in ambiti internazionali.

La possibilità di disporre di un contesto fertile come può essere considerato un “Innovation District” in cui alcune aziende innovative possono nel porto applicare e sfruttare le loro idee, il loro apporto d’innovazione e quindi far beneficiare i processi portuali attraverso la loro presenza e la loro attività è sicuramente qualcosa che rientra negli obiettivi per la realizzazione per il porto di Livorno 2030.

interoperabilità_M_1.jpgInteroperabilità

Nei Digital Transport Days del 2019, in periodo prepandemia, uno dei quesiti che veniva posto, asserisce Pagano, era quali fossero i temi dell’innovazione necessari a delineare la portualità del futuro. Il dibattito si accese sui big data, Intelligenza artificiale, di IoT per la sensoristica distribuita per il controlli ed il monitoraggio dei processi, sulla tecnologia 5G e sulla necessità di disporre della comunicazione satellitare.

Allo stato attuale la maggior parte dei porti adotta da tempo la digitalizzazione di processi ed ogni operatore che presidia le varie fasi delle attività svolte all’interno del sistema porto opera con un sistema digitale. Ognuno di questi opera come un sistema a settori verticali “verticals”.

Secondo Pagano la novità da apportare è quella di utilizzare i i punti focali “focal point” di questa comunità che opera nel porto per realizzare una mappatura comune, un “co-design”. Si tratta di riprogettare e ridisegnare i sistemi informativi in modo che possa essere superato lo stato attuale di verticalità in cui ogni operatore (vettori oceanici “Ocean carriers”, linee di navigazione, terminalisti ecc.) ha sviluppato un proprio sistema informatico gestionale verticale.

La realizzazione di un sistema di digitalizzazione integrato permette al sistema di monitoraggio delle flotte, delle linee di navigazione, al sistema di sorveglianza dei poli industriali, al sistema di accesso al porto, per citarne alcuni, di realizzare non solo una interoperabilità digitale tra ambiti/fasi del processo, ma di disegnare insieme a queste comunità un’architettura di riferimento, afferma Pagano.

È la possibilità di disporre di risorse di calcolo, di rete 5G e dei cloud che permette di erogare questi servizi in una modalità che possa essere più “standard” possibile. Occorre perseguire la riappropriazione del dato che permette al sistema porto di configurarsi come “Digital Hub”.

Il porto non è più solo un sistema che fornisce un portale di servizi, come un sistema di prima generazione, ma è in grado di offrire la possibilità di accedere ad un dato per costruire una serie di servizi di cui ancora oggi ci sfugge la portata afferma Pagano. La ricchezza sta nella ri-acquisizione del dato, nella ri-appropriazione del dato per diventare punto di riferimento di tutte le attività industriali che via via si stanno strutturando intorno al porto.

Per poter realizzare quanto appena esposto occorre perseguire la conformità “compliance” degli standard europei, sia per quanto riguarda il formato dei dati, occorre infatti seguire gli standard in modo tale che altri soggetti diversi potranno usufruire di quel dato per altri servizi e dunque rilevare la interoperabilità dei sistemi.


Il presente articolo – ed uno successivo che sarà pubblicato prossimamente - prende spunto dal seminario patrocinato dall’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale ed ha visto la partecipazione di Antonella Querci - Dirigente della Direzione Sviluppo ed Innovazione di AdSP, Paolo Pagano – Direttore laboratorio congiunto AdSP - CNIT, Silvia Ferrini – Direzione Sviluppo, programmi europei ed innovazione, Francescalberto De Bari – Direttore Programmi EU ed innovazione, Ivano di Santo – Chief Information Officer CIO del Porto di Trieste, Laura Castellani – Agenzia delle Dogane dei Monopoli ADM Organiz. e Digital Trasformation, Rossana Varna – Business Intelligence BI e transizione digitale porto di Genova, Andrea Manfron – Federazione Autotrasportatori Italiani FAI Segretario Generale, Alberto Milotti – Direttore Zailog Interporto Quadrante Europa Verona, Federica Montaresi – Sp, Projcts & Innovation La Spezia, Ivano Russo – Direttore Generale Confetra.

Per approfondimenti guarda il seminario


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