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ARPAT News - newsletter sulle tematiche ambientali
Venerdì 15 gennaio 2021

Le pillole di sostenibilità di ARPAT: vestirsi in modo sostenibile


La quarta pillola di sostenibilità contiene alcuni eco-consigli per ridurre l'impatto sull'ambiente dovuto alle nostre scelte nell'acquisto e nell'utilizzo dei capi di abbigliamento, delle scarpe e degli accessori moda

Lao Tzu diceva che “Un viaggio di mille miglia deve iniziare con un singolo passo”. I nostri suggerimenti per un “armadio sostenibile” sono un po' come dei piccoli passi:

  • prendersi cura dei capi d'abbigliamento e degli accessori
  • dare loro una nuova vita con il riuso
  • fare attenzione alla raccolta differenziata del tessile
  • scegliere materiali prodotti con processi ambientalmente sostenibili
  • prediligere i produttori che si impegnano nella direzione della sostenibilità.

Optare per prodotti sostenibili e produttori che credono nella sostenibilità significa fare una precisa scelta a favore della moda etica ma anche dell’ambiente.

Abbiamo pensato di pubblicare i nostri eco- consigli sul vestirsi in modo sostenibile in questo periodo dell’anno, perché ci stiamo avvicinando al periodo dei saldi, momento in cui decideremo, anche invogliati dal prezzo ribassato, di comprare un paio di scarpe o un capo di abbigliamento o un accessorio in più. La corsa all’acquisto sembra essere sempre in crescita, come afferma anche la World Bank, che ha stimato che gli acquisti di abiti passeranno dai 62 milioni di tonnellate, dato riferito al 2019, a 102 milioni di tonnellate nel 2030, ma l’esperienza del lock down (chiusura) dovuta alla Pandemia cambierà forse qualcosa.

La nostra speranza dunque è quella di fare riflettere, almeno un po', attraverso questi semplici suggerimenti, su ciò che compriamo e stimolare, per quanto possibile, un acquisto più consapevole o almeno più informato, ponendoci qualche domanda su alcuni temi, come la sovra -produzione e il sovra-consumo di capi di abbigliamento e accessori, ma anche sulla moda etica e sulle possibili strade che possono essere percorse nella direzione dell’economia circolare che appare, al momento, l’unica strada percorribile per uscire da un’economia basata sulla dinamica “usa e getta” .

Il comparto produttivo tessile-moda ha un forte impatto sull’ambiente sia in fase di coltivazione e produzione della materia prima sia in quella di realizzazione del prodotto, che di consegna. Risulta tra quei settori che utilizzano più materie prime e acqua, quasi al pari dell'alimentare, dell'edilizia e dei trasporti e ha un forte impatto ambientale sulla qualità delle acque e sulla qualità dell’aria, oltre a generare una grossa quantità di rifiuti, che solo in piccola percentuale vengono riciclati.

Come consumatori non possiamo più ignorare i danni causati da una moda “usa e getta”, che, secondo uno studio del London Sustainability exchange, produce ogni anno, nel mondo, 80-100 miliardi di capi di abbigliamento; abiti per lo più indossati poche volte e velocemente trasformati in rifiuti, spesso inceneriti o gettati in discarica, solo in pochi casi riciclati. 

Dobbiamo anche ammettere che il settore tessile-moda ha mostrato negli ultimi anni una certa sensibilità verso il problema degli impatti ambientali generati dal suo processo produttivo. Vi sono diversi esempi che possiamo citare, a partire dal progetto DETOX a cui hanno aderito molte imprese nel mondo con l’obiettivo di raggiungere “zero scarichi nel 2020”. L'obiettivo non è stato centrato a livello mondiale, ma il progetto ha fatto segnare passi in avanti in molti paesi produttori di tessile.

Molti anche gli impegni presi a livello volontario, come la Carta dell'industria della moda a favore del clima, dove tra i principali impegni vi è quello di ridurre del 30%, entro il 2030, le emissioni aggregate di gas serra prodotte in questo ambito o il Fashion Pact , firmato in occasione del G7 di Biarritz, in Francia, nell’agosto del 2019, dove l’obiettivo del comparto moda è di impegnarsi concretamente per arrestare il riscaldamento globale, ripristinare la biodiversità, proteggere gli oceani, salvaguardare i suoli e la risorsa idrica.

Al momento, per lo più, questi impegni appaiono “promozionali”, ovvero sulla carta ma stentano ancora a divenire concreti per la maggioranza delle imprese impegnate in questo comparto produttivo, come emerge anche dal monitoraggio realizzato da Fashion Revolution, un’associazione molto impegnata nel valutare il comportamento delle aziende ma anche nel diffondere il messaggio di una moda più sostenibile.

Nel rapporto pubblicato nel 2020, Fashion Revolution sottolinea che emergono poche informazioni reali sui risultati e sui progressi ottenuti dalle imprese del settore applicando le politiche in ambito di sostenibilità, questo sta a significare, purtroppo, che ancora oggi molti marchi e molti venditori pubblicizzano le loro politiche ambientali e sociali più di quanto le applichino in concreto.

Concludiamo come abbiamo iniziato, con un aforisma; diceva Walter Elias Disney: “L’unico modo per iniziare a fare qualcosa è smettere di parlare e iniziare a fare.”

Testo di Stefania Calleri


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