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Dati ambientali per guidare la transizione ecologica

24/10/2023 11:00

Il Direttore tecnico di ARPAT Marcello Mossa Verre illustra lo stato dell’ambiente toscano che emerge dalla lettura dell'Annuario 2023 dei dati ambientali della Toscana, presentato ieri al pubblico

L’Annuario ARPAT, ormai giunto alla sua dodicesima edizione, raccoglie circa un centinaio di indicatori che rappresentano lo stato dell’ambiente della Toscana. Per comprendere meglio il significato dell’Annuario e il trend della situazione che ieri, 23 ottobre, è stato presentato nella cornice di Palazzo Sacrati-Strozzi, abbiamo rivolto alcune domande all’Ing. Marcello Mossa Verre, Direttore tecnico di ARPAT.

Qual è lo stato dell’ambiente in Toscana, a partire dalla matrice aria?

Per avere un quadro esaustivo della situazione, dobbiamo tener presente che le informazioni riguardanti il 2022 contenute nell’Annuario dei dati ambientali della Toscana devono essere considerate non in sé e per sé, ma con riferimento a periodi precedenti di medio lungo termine: infatti, se vogliamo studiare le dinamiche ambientali, attraverso i dati, non possiamo riferirci al breve periodo. Ecco, allora, che l’esame delle serie storiche, pubblicate sul sito WEB dell’Agenzia, e che ormai riguardano un intervallo di tempo che supera il decennio, può fornire un quadro più definito dell’ambiente toscano. Per esempio, nel tempo abbiamo assistito ad un progressivo miglioramento della qualità dell’aria, che apprezziamo misurando alcuni inquinanti guida, indicati dalla normativa. Negli ultimi dieci anni, abbiamo verificato una riduzione graduale, delle concentrazioni di polveri sottili nell’aria, del biossido d’azoto e di altri inquinanti, grazie alle varie azioni di mitigazione intraprese. Anche per il 2022 la situazione è positiva ma, nonostante il raggiungimento di importanti obiettivi e ad eccezione di alcune criticità locali ancora da superare, si osserva che, man mano che la qualità dell’aria migliora, è sempre più difficile conseguire ulteriori riduzioni delle concentrazioni degli inquinanti: il monitoraggio ha anche la funzione di stimolare, con dati obiettivi, l’adozione di nuove misure, per quanto impegnative, ma con la prospettiva di poter misurare, poi, i miglioramenti attesi. Ovviamente, non potremo fare a meno di confrontarci con i nuovi limiti europei, più restrittivi, in fase di definizione proprio in questo periodo.

E qual è lo stato del mare toscano?

Per quanto riguarda la fruibilità del mare, la nostra regione si caratterizza per una qualità eccellente delle sue acque di balneazione. Infatti, nel 2022, più del 95% delle aree e più del 98% dei km di costa toscana controllati sono risultati in classe eccellente: numeri molto vicini a quelli del 2021, quando le aree erano state il 96% ed i km di costa il 98,9%, e molto simili anche al biennio precedente. Per quanto riguarda le restanti aree, il 4,3% è risultata in classe “buona” e solo lo 0,4% in classe “sufficiente”. ARPAT, ogni anno, a partire dal 1° aprile e fino al 30 settembre, effettua misure e prelievi delle acque di balneazione in 276 aree individuate con frequenza almeno mensile, analizzando due parametri microbiologici, Escherichia coli ed enterococchi intestinali, indicatori della qualità igienico sanitaria per la tutela della salute dei bagnanti. Ma più in generale, oltre agli aspetti connessi con la possibilità di godersi un bagno “in sicurezza”, la qualità delle acque del mare viene monitorata dal punto di vista chimico ed ecologico, utilizzando numerosi indicatori che vanno dalle sostanze presenti nelle acque stesse e nei sedimenti, al fitoplancton, dalla presenza di nutrienti allo stato della Posidonia oceanica, e vari altri vari indicatori legati alla biodiversità. Il mare è complessivamente in buono stato, se non elevato, per usare la terminologia prevista dalle norme, ma occorre sicuramente difenderlo dalle molte minacce, di origine antropica, come la presenza di rifiuti, spesso riconducibili a materie plastiche.

E lo stato di fiumi, acque sotterranee e acque destinate alla potabilizzazione?

Per le acque superficiali e sotterranee, la cui qualità, nei vari trienni presi a riferimento per la classificazione del loro stato, pur manifestando in diversi casi un trend in miglioramento, presenta nel tempo alti e bassi: è chiaro, quindi, come ulteriori sforzi dovranno essere posti per tendere allo stato “buono”, richiesto dalle norme di settore. Particolare attenzione dovrà poi essere posta sull’uso corretto (riduzione, sostituzione, …) di molte sostanze pericolose, impiegate tuttora nell’agricoltura o nell’industria. A ciò si aggiunge, peraltro, l’effetto dei cambiamenti climatici con periodi di particolare siccità che condizionano lo stato dei corpi idrici, sia dal punto di vista quantitativo, sia qualitativo, vedi ad esempio lo stato ecologico, e favoriscono la presenza, in aumento, di specie di piante riparie aliene. Tornando alle sostanze pericolose, il monitoraggio svolto negli anni ha dimostrato come non abbiano al momento interessato le acque sotterranee per cui occorre, in tal senso, tenere alta la guardia anche sulla situazione delle acque superficiali, prevedendo, insieme alla Regione, un’ottimizzazione dell’attuale rete di monitoraggio.

Ed infine le attività produttive, qual è il ruolo di ARPAT?

Le attività produttive - auspichiamo anche in risposta al sistema dei controlli che ARPAT svolge da sempre - affinando nel tempo i propri strumenti di controllo, hanno sicuramente migliorato negli anni le loro prestazioni ambientali. In tal senso, anche la normativa si è evoluta e indirizza la produzione verso obiettivi di tutela dell’ambiente sempre più ambiziosi: ne è un esempio il sistema delle autorizzazioni integrate ambientali, le AIA, di relativamente recente istituzione (dal 2005, in Italia) che, oltre a valutare a “tutto tondo” gli impatti ambientali dei sistemi produttivi, prevede l’adozione delle migliori tecniche per l’abbattimento degli inquinanti e l'introduzione di sistemi di gestione ambientale. L’Agenzia si è organizzata anche per utilizzare, rispetto al passato, nuove metodologie di controllo, appunto “integrato”, necessarie – dal punto di vista formale – per verificare il rispetto dei limiti di emissione autorizzati, ma anche per misurare i progressi conseguiti dalle stesse aziende e indirizzarle verso i modelli di produzione ambientalmente più virtuosi.

Quali conclusioni possiamo trarre da questa lettura?

Ho citato, come esempio, solo alcuni indicatori ma credo siano sufficienti a far comprendere come le dinamiche ambientali, nella loro variabilità, richiedano un presidio costante da parte dell’Agenzia, grazie alle attività di controllo sulle “pressioni” e di monitoraggio sullo “stato” dell’ambiente. E tutto questo mettendo anche a disposizione dell’intera comunità un patrimonio di informazioni per governare, consapevolmente, una transizione verso modelli di sviluppo sociale, economico, produttivo sempre più ispirati ai principi della sostenibilità.

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