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Lunedì 16 maggio 2022

Out of time. Ripartire dalla natura.


La XIX Biennale Donna, a Ferrara, propone fino al 29 maggio 2022 la mostra "Out of time. Ripartire dalla natura". 5 artiste che si interrogano e indagano il rapporto tra l’essere umano e la natura

A Ferrara, fino al 29 maggio 2022, sarà possibile vedere una collettiva che presenta le opere di cinque artiste internazionali: Mónica De Miranda (Portogallo, 1976), Christina Kubisch (Germania, 1948), Diana Lelonek (Polonia, 1988), Ragna Róbertsdóttir (Islanda, 1945) e Anaïs Tondeur (Francia, 1985). La mostra voluta dal Comitato Biennale Donna dell’UDI, composto da Lola G. Bonora, Silvia Cirelli, Ada Patrizia Fiorillo, Catalina Golban, Elisa Leonini, Anna Quarzi, Ansalda Siroli, Dida Spano, Liviana Zagagnoni, è stata realizzata anche grazie al Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara, alla collaborazione con la Fondazione Ferrara Arte ed al sostegno della Regione Emilia-Romagna.

Silvia Cirelli, che con Catalina Golban ha curato la mostra, risponde ad alcune nostre domande.

Perchè questa mostra: "Out of time. Ripartire dalla natura"?

Dalla sua nascita nel 1984, la Biennale Donna ha sempre voluto dare voce alla creatività femminile evidenziando tematiche legate a problemi socioculturali, identitari e geopolitici. Per questa XIX edizione, quindi, ci è sembrato opportuno continuare nell’esplorazione di realtà attuali, che riguardano la nostra storia contemporanea, ma avviando questa volta una riflessione, sia critica che artistica, sul dibattito ecologico. Un argomento di certo di grande attualità, e che soprattutto riguarda tutti noi, in quanto “ospiti” di questo pianeta. Vista la crisi che stiamo vivendo, era doveroso focalizzarsi sull’urgenza di ripensare il dialogo fra essere umano e ambiente, ipotizzando un ribaltamento dell’ormai fallimentare visione antropocentrica, a favore invece del tentativo di una convivenza più equa, più simbiotica."

Si può dire che le donne, le artiste, abbiano una maggiore sensibilità e quindi cura dell’ambiente ?

Anche se il progetto è ovviamente dedicato a figure femminili dell’arte contemporanea, in quanto Biennale Donna, in nessun modo si è voluto far sottintendere che la sensibilità ecologica fosse una peculiarità femminile. Credo che sarebbe fuorviante catalogare temi così complessi e soprattutto universali, come appunto quello ambientale, come caratterizzanti di un genere o di un altro. Se in passato, in alcune particolari edizioni della Biennale Donna, sicuramente era centrale il ruolo della donna e dunque il progetto curatoriale si sviluppava volutamente intorno a questa precisa scelta espressiva, diverso è stato l’approccio di quest’anno, dove invece abbiamo approfondito la difficile convivenza fra il genere umano (nella sua interezza) e il mondo naturale.

Cosa vi ha spinto a scegliere queste 5 artiste ?

La selezione è stata costruita sulla scelta di offrire diverse modalità di lettura e varie prospettive del binomio natura-essere umano, le artiste in mostra quindi sono molto diverse fra loro, sia da un punto di vista puramente linguistico (i mezzi espressivi spaziano dall’installazione, il video, la fotografia, la scultura) ma anche da quello narrativo, perché esplorano il dibatto ecologico con approcci versatili ed eterogenei. A questo si aggiunge anche l’intento di presentare il tema ambientale evidenziando l’intreccio costante tra le varie sperimentazioni artistiche e contesti differenti: quello sociale, geopolitico, scientifico o culturale. La versatilità delle artiste selezionate rientra quindi in questa fondamentale prospettiva, riflettere sul dibattito ambientale attraverso un dialogo diretto con la scienza, come la botanica (con Diana Lelonek) la geologia o l’oceanografia (con Anaïs Tondeur); la tecnologia (con Christina Kubisch); l’antropologia (con Monica De Miranda); la filosofia o comunque il legame viscerale ed intimista con la natura (con Ragna Róbertsdóttir). Dunque un ampio raggio di visioni interdisciplinari.

Out of time. Ripartire dalla natura è consigliata a tutti quelli che si stanno chiedendo se siamo "fuori tempo massimo" per riappacificarci con la natura.

Difficile rispondere a questa domanda, certamente ora  cominciamo un pò tutti ad avere percezione della crisi ambientale e climatica che stiamo vivendo e che non ci permette di mantenere una visione antropocentrica.

La collettiva si snoda su due diversi piani del Padiglione d'Arte Contemporanea di Ferrara, il percorso ci aiuta a riflettere sul nostro rapporto con l'ambiente. Il visitatore è subito accolto dalle opere di Ragna Róbertsdóttir dove la presenza umana è assente. La sola protagonista è la natura. Le opere sono minimaliste, essenziali ed esprimono una natura forte, ancestrale, primitiva, unica come la terra di provenienza dell’artista: l’Islanda.

Se nelle opere dell’artista islandese la terra, il suolo, la lava predominano, in quelle della francese Anaïs Tondeur, l’aria e l’acqua "rubano la scena".

Out of time_ Anais Tondeur_odore terraL’odore della natura, o meglio il petricore (odore della terra bagnata, che nasce dall’interazione fra acqua piovana, suolo e micro organismi) viene intrappolato in ampolle, creando un’installazione sospesa. Questo odore è un "bene" raro, quasi assente nell’ambiente urbano, spesso dominato da maleodanze frutto di attività industriali e mezzi di trasporto. Ciò che non è più percepibile, finisce per perdersi; ecco allora la necessità di racchiudere il petricore e, nel respirarlo, si riattiva l’esperienza olfattiva, entrando in simbiosi con la natura. 

“In memory of the Ocean” si riflette, invece, sui cicli degli oceani, così importanti per il clima; impossibile non pensare ai cambiamenti climatici e alle sue disastrose conseguenze.

L’opera si presenta come un laboratorio scientifico: il visitatore è circondato da provette con l'acqua degli oceani prelevata da tutte le parti del mondo, e cullato dal rumore, o il silenzio, delle profondità oceaniche.

Salendo al piano superiore, ci si trova di fronte alle opere di Monica De Miranda: compare l’essere umano, ferito, in un ambiente ferito. Come la natura cerca di riprendersi il suo spazio così l’uomo cerca di riacquistare la sua identità.

"Underwater" mostra la bellezza della biodiversità, una natura variegata ed incontaminata ma racchiusa in una teca di vetro. Un habitat naturale tipico di un luogo, di una parte di mondo, chiuso in un acquario può essere trasportato in qualsiasia altro posto ma cosa accade quando si è sradicati dalla propria terra ? Il pensiero va alle specie in via d'estinzione o a rischio, alle specie aliene che colonizzano nuovi habitat a danno di quelle autoctone ed in generale ai fragili equilibri della biodiversità.

Out of time_ Christina Kubisch_cloudSicuramente complesse, le opere della tedesca Christina Kubisch. Affascinanti perché ci fanno pensare a tutte le forme di inquinamento ambientale che non vediamo e neppure percepiamo. Il groviglio di fili elettrici, che crea campi elettromagnetici, forma una nuvola: “Cloud”, che consente alla tecnologia, pervasiva nella vita di oggi, di metterci in connessione con tutto ciò che ci circonda. Qual è il prezzo che paghiamo per vivere in una società così connessa ma anche così energivora ?.

Out of time_ Diana Lelonek_rifiutiAll’inquinamento invisibile di Christina Kubisch si contrappone quello visibile di Diana Lelonek che rende unici i rifiuti, il frutto della sovrapproduzione della società contemporanea si trasforma in arte. Gli scarti, i rifiuti, si confondono con la natura, si mescolano, si contaminano finendo per diventare tutt’uno, trasformandosi in terreno fertile per alcuni organismi viventi.

Il messaggio è: riappacifichiamoci con l'ambiente; accade nell’opera della tedesca Christina Kubish dove il respiro umano ed il rumore del mare si fondono e confondono, in quella di Diana Lelonek dove la natura ingloba gli scarti umani o ancora nell'esperienza olfattiva proposta da Anais Tondeur.

Per ulteriori informazioni, visita il sito Web delle GAMC (Gallerie d'arte moderna e contemporanea)


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Maggiori informazioni all'indirizzo www.arpat.toscana.it/qualita




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