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Coralligeno

coralligenoIl coralligeno è una biocostruzione marina, cioè una struttura permanente formata dalla stratificazione di alcune specie vegetali che crescono accumulando carbonato di calcio sulla parete cellulare. Questo tipo di accrescimento aumenta notevolmente il volume, la complessità e l’eterogeneità dell’habitat, attraendo un gran numero di altri organismi sia animali che vegetali. Di conseguenza, il coralligeno è un ambiente molto ricco di specie, tanto da essere considerato il secondo hotspot di biodiversità più importante del Mediterraneo, dopo le praterie di Posidonia.

Sebbene, al contrario di Posidonia, non sia uno degli elementi di qualità biologica stabiliti dalla Direttiva quadro sulle acque  per il monitoraggio delle acque marino-costiere, il coralligeno ha una funzione essenziale per gli ecosistemi, per il suo alto grado di biodiversità, ma anche per il suo ruolo nella produttività marina e nel ciclo del carbonio. Per questo, ARPAT, a partire dal 2004, ne esegue  il monitoraggio dello stato ecologico con cadenza annuale, tramite l’indice ESCA.

Biocostruzioni mediterranee

Nonostante le molte differenze, le formazioni coralligene possono essere considerate come l’equivalente mediterraneo delle barriere coralline tropicali. La loro formazione dipende da un delicato equilibrio numerico fra organismi biocostruttori e biodemolitori: i primi si accrescono creando strutture di carbonato di calcio che i secondi demoliscono molto lentamente, formando sistemi complessi di cavità e fessure.

Sebbene possano crescere anche sui fondali detritici (coralligeno di piattaforma), le formazioni coralligene sono tipiche dei fondali rocciosi (coralligeno litorale), dove occupano una fascia di profondità compresa tra -25 e -150 m. Tale profondità è tuttavia molto variabile e dipende dalla trasparenza delle acque e dalla morfologia del fondale.

Le condizioni ottimali per la formazione del coralligeno sono la presenza di una temperatura bassa e costante, una luminosità ridotta ma sufficiente alla fotosintesi e un idrodinamismo moderato, che impedisca un’eccessiva sedimentazione.

I principali biocostruttori del coralligeno litorale sono varie specie di alghe rosse, responsabili di gran parte del volume delle strutture. Quando le alghe muoiono, lasciano sulla roccia il loro scheletro calcificato, sul quale crescono poi le generazioni successive. In questo modo si formano molti strati calcarei sovrapposti e cementati tra loro che, in casi eccezionali e in tempi molto lunghi, possono raggiungere il metro di spessore.

In una formazione coralligena ben strutturata si distinguono almeno 4 zone sovrapposte:

  • strato sottobasale: piccole cavità interne alla roccia che contengono organismi biodemolitori in grado di dissolvere chimicamente il carbonato di calcio (spugne e bivalvi perforanti);
  • strato basale: cavità e fessure fra gli scheletri calcarei delle alghe morte. Contengono molte specie di biodemolitori meccanici (piccoli molluschi, anellidi, spugne, sipunculidi);
  • strato intermedio: è lo strato di alghe calcificate viventi, ed è il più ricco di specie. Contiene anche altri organismi biocostruttori, fra cui sclerattinie, briozoi, serpulidi, foraminiferi;
  • strato superiore: composto da specie biocostruttrici a portamento eretto come gorgonie, madrepore e corallo rosso, e da tutte le specie di alghe e idrozoi che crescono sulle loro superfici calcaree;

Il coralligeno cresce fino a profondità anche molto elevate e le comunità che si sviluppano alle quote più profonde sono composte di specie molto diverse da quelle tipiche del coralligeno costiero. Il loro studio è però particolarmente complesso, perché richiede l’impiego di tecnologie avanzate di esplorazione dei fondali. Tuttavia, le grotte semioscure costiere mostrano spesso condizioni di illuminazione, temperatura e idrodinamismo molto simili a quelle presenti ad elevate profondità e sviluppano formazioni coralligene altrettanto simili. Lo studio della fauna delle grotte marine può consentire quindi di raccogliere informazioni indirette sulla biodiversità del coralligeno profondo.

Importanza ecologica

La complessità e l’eterogeneità spaziale delle formazioni coralligene sono sinonimo di biodiversità. Molte sono infatti le specie di pesci, molluschi e crostacei attratte dalla disponibilità di anfratti riparati e siti per la deposizione delle uova, oltre che dalla ricchezza di cibo.
Il coralligeno svolge quindi una funzione importante come area nursery e zona di crescita per le forme giovanili, e serve così a mantenere in equilibrio la fauna di gran parte degli ambienti marini, compreso quello pelagico.
Contribuisce inoltre alla produttività delle zone profonde e ha un ruolo determinante nel ciclo del carbonio, oltre ad essere un ottimo bioindicatore, perché particolarmente sensibile alle alterazioni ambientali.
Ma oltre alle funzioni ecologiche, il coralligeno ha un valore importante anche come fornitore di servizi ecosistemici. Molte delle specie che scelgono questo ambiente come sito riproduttivo hanno infatti un’importanza commerciale e il valore estetico delle distese di gorgonie e corallo ha forti implicazioni per l’attività turistica subacquea. 

Pressioni

Le cause principali di minaccia per l’equilibrio ecologico del coralligeno sono quelle in grado di alterare il delicato equilibrio di condizioni necessarie alla sua crescita. Le specie che lo compongono vivono infatti in stretta associazione con il fondale, e non hanno la possibilità di sfuggire alle fonti di disturbo.
Il cambiamento climatico incide sulla temperatura delle acque e ha già provocato, in passato, vasti fenomeni di morie di gorgonie, soprattutto nel mar Ligure, dove le acque sono generalmente più fredde.
L’eccessivo apporto di anidride carbonica atmosferica genera inoltre il grave problema dell’acidificazione degli oceani, che interferisce con la produzione di carbonato di calcio non solo nelle alghe coralline, ma anche nelle preziose microalghe del fitoplancton.
Altre pressioni importanti sono date dall’eutrofizzazione e dalla sedimentazione
L'eutrofizzazione riduce la trasparenza delle acque e il loro contenuto in ossigeno, alterando la capacità fotosintetica della flora. La sedimentazione invece - oltre a diminuire la trasparenza dell’acqua e a ridurre, in conseguenza, la penetrazione della luce indispensabile per il processo fotosintetico - genera un problema di tipo meccanico. Il sedimento portato in sospensione dopo le mareggiate infatti,  quando ricade sul fondo, genera un processo abrasivo sul substrato che impedisce agli organismi vegetali e animali di accrescersi.

Dattero di mare nella rocciaIl processo di biocostruzione richiede tempi estremamente lunghi  e tutte le attività antropiche che provocano danneggiamenti strutturali del coralligeno, come ad es. gli ancoraggi delle imbarcazioni da diporto, sono pressioni potenzialmente gravi. I danni sono spesso legati al prelievo artigianale di specie commerciali dalla crescita molto lenta come il corallo rosso o i datteri di mare. La pesca del dattero, in particolare, è considerata estremamente dannosa per l’ambiente (ed è vietata per legge già dal 1988), perché provoca la distruzione di vaste aree di fondale roccioso.
Anche l’attività subacquea, quando non regolamentata in modo adeguato, può essere causa di perturbazione antropica per il coralligeno, soprattutto nelle aree a particolare valenza estetica, più frequentate dai subacquei sportivi.

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