Letture verdi, a colloquio con Mariasole Bianco
Mariasole Bianco, autrice di Pianeta Oceano, risponde alle nostre domande
Mariasole Bianco, biologa marina e divulgatrice appassionata, accompagna il lettore in un viaggio dalla superficie agli abissi dell’Oceano, raccontandone la meraviglia e la fragilità. Pianeta oceano è una continua scoperta ma anche una presa di coscienza sulla necessità di cambiare. Cominciamo, allora, da una frase del suo libro Pianeta Oceano: “Siamo noi uomini, spesso, la causa del deterioramento della salute dell’oceano e la principale minaccia per la vita di migliaia di specie, compresa, non da ultima, la nostra".
Se "siamo noi uomini la vera minaccia per la biodiversità del pianeta”:
• quali sono le principali criticità che affliggono l’Oceano? quali di queste sono in particolare legate all’azione umana?
Oggi l’oceano sta affrontando diverse sfide: si sta scaldando, diventa più acido e povero di ossigeno a causa della crisi climatica, con cambiamenti profondi ai suoi equilibri naturali. Poi c’è la perdita di biodiversità, legata soprattutto alla pesca eccessiva, alla distruzione degli habitat e a forme di turismo non sostenibile. E infine, l’inquinamento, soprattutto quello della plastica, che purtroppo è diventata simbolo di un problema globale. La cosa importante da dire, però, è che tutte queste minacce hanno un’origine comune: l’azione dell’uomo. E se riusciamo a diventare consapevoli di essere noi la causa del problema, significa anche che possiamo essere parte della soluzione. L’oceano ha una straordinaria capacità di rigenerarsi, se gli lasciamo lo spazio e la possibilità di esercitarla. È proprio questo lo spirito che mi ha portata a fondare Worldrise, un’organizzazione non profit che da oltre 10 anni lavora per conservare in modo efficace il mare, attraverso progetti che tutelano la biodiversità, favoriscono l’empowerment delle nuove generazioni e utilizzano l’arte come potente strumento di comunicazione.
• cosa può fare il singolo per invertire la rotta, partendo dal fatto che sono i modelli di consumo dei paesi più industrializzati quelli che creano i maggiori problemi? quali cambiamenti dovremmo introdurre nelle nostre abitudini quotidiane? cosa fa personalmente, Mariasole, per avere un’impronta più leggera sul Pianeta?
Credo molto nella forza delle scelte quotidiane. Come dico spesso, ogni goccia conta ed è proprio a partire dalle piccole abitudini che possiamo fare un mare differenza. Per esempio possiamo ridurre l’uso della plastica monouso, preferendo borracce e borse riutilizzabili a bottigliette e sacchetti in plastica, scegliere cibi locali e di stagione, spostarci in modo più sostenibile, sostenere le imprese che fanno della sostenibilità una priorità. Personalmente porto sempre con me la borraccia, evito imballaggi inutili, compro sfuso quando posso e privilegio una dieta ricca di vegetali. Sono piccole cose che non rappresentano una rinuncia, quanto più una scelta, che quotidianamente porta con sé anche molta soddisfazione. Con Worldrise abbiamo voluto dare forma a questo invito all’azione collettiva attraverso il Manifesto “Nel Profondo”, uno strumento aperto alla firma di cittadini, aziende, associazioni e istituzioni, con cui chiunque può dichiarare il proprio impegno per il futuro del mare, chiedendo un cambiamento politico concreto.
in che modo, dal suo punto di vista, si può implementare una cultura individuale e collettiva basata su un maggiore rispetto ambientale?
Tutto parte dalla conoscenza. Quando ci avviciniamo al mare, lo osserviamo e lo conosciamo davvero, inevitabilmente ce ne innamoriamo. E da quell’amore nascono il rispetto e poi l’azione. Per questo penso che l’educazione e la divulgazione abbiano un ruolo chiave: raccontare le meraviglie e le fragilità dell’oceano è il primo passo per creare una cultura basata sul rispetto ambientale. E non serve solo la scienza: anche l’arte, i media, le storie che emozionano possono aiutarci a far crescere questa consapevolezza collettiva.
cosa impedisce, in base alla sua esperienza, agli Stati, alle Regioni, agli enti pubblici, in generale, di intraprendere in modo deciso la strada della sostenibilità ambientale? Quali esempi virtuosi, sostenibili e ripetibili si sente di suggerire?
Spesso quello che frena è la mancanza di visione a lungo termine, la paura di cambiare modelli economici ormai radicati. Però gli esempi positivi ci sono e dimostrano che la sostenibilità funziona. Penso alle Aree Marine Protette, che sono uno degli elementi centrali dell’impegno di amplificazione di Worldrise: Torre Guaceto, in Puglia, è un esempio straordinario. Dopo anni di tutela intensa, il mare è tornato pieno di vita e anche i pescatori locali lo riconoscono, perché lavorano meglio di prima e il territorio ha trovato nuove opportunità legate a un turismo rispettoso. Oppure Port-Cros, in Francia, che da anni è un laboratorio di biodiversità e innovazione: proprio qui è stato dimostrato che per ogni euro investito nell’Area Marina Protetta si riscontra un ritorno economico di 92 volte superiore per la comunità locale. Sono casi che ci mostrano che cambiare è possibile e conviene a tutti.
Focalizziamo l’attenzione su uno dei problemi che affligge l’Oceano, l’inquinamento da plastica; nel suo libro Pianeta Oceano, parla dell’“isola di plastica” che si forma tra la Toscana e la Corsica, non lontano dal Santuario dei Cetacei, nel pieno del Mediterraneo. Come si crea e soprattutto come si può arginare questo problema?
La plastica che troviamo nel Mediterraneo arriva soprattutto dalle nostre città, anche da quelle lontane dalla costa. Quindi ovunque ci troviamo dobbiamo essere consapevoli che le nostre azioni hanno un impatto diretto sul mare. Questi rifiuti, che si concentrano poi in certe aree del nostro mare, non creano una vera e propria “isola di plastica” solida, ma una “zuppa di plastica” fatta di microframmenti, che spesso precipitano verso il fondale: ciò che vediamo in superficie è quindi solamente la punta dell’iceberg di un problema che arriva fino a noi, entrando anche nella nostra catena alimentare. Questa, però, è una sfida che possiamo vincere: riducendo la produzione e l’uso della plastica, favorendo la progettazione e il commercio di oggetti pensati per durare a lungo e che non diventino rifiuti subito dopo il loro utilizzo, migliorando i sistemi di raccolta e riciclo. La chiave sta nel cambiare mentalità: passare da un’economia usa e getta a un’economia circolare.
Concludiamo questa nostra breve chiacchierata parlando delle lezioni che ci vengono dalla natura, nel libro emerge che possiamo prendere spunto in molti modi dalla natura, ad esempio si sottolinea come la biologia marina sia fondamentale per la ricerca soprattutto in ambito medico. Possiamo fare alcuni esempi?
La natura è una maestra incredibile. Pensiamo alle spugne marine, da cui si stanno ricavando molecole con potenzialità terapeutiche, o alle patelle, i cui denti hanno ispirato nuovi materiali super resistenti. O ancora ai composti estratti da organismi marini, che hanno portato alla creazione di antibiotici e farmaci antitumorali. Ma al di là della tecnologia, la natura ci insegna cooperazione e resilienza. Guardiamo le barriere coralline: quando vengono protette, sono capaci di rigenerarsi e tornare a vivere, anche dopo aver subito stress intensi. È un messaggio fortissimo: se diamo alla natura una possibilità di rinascita, lei risponde sempre.