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Pesci cartilaginei

squalo biancoI pesci cartilaginei, o condroitti, sono una classe di pesci che comprende un elevato numero di specie, molte delle quali restano probabilmente ancora da scoprire (le specie già descritte sono oltre 1100).  Ciò che li distingue nettamente dai pesci ossei è la presenza di uno scheletro interno cartilagineo e l’assenza della vescica natatoria. Senza considerare la classificazione tassonomica ufficiale, tuttora oggetto di dibattito presso la comunità scientifica, i pesci cartilaginei si possono dividere essenzialmente in base alla forma e alla simmetria del loro corpo.

Gli squali (pescecani, capochiatti, squali volpe, squali martello, gattucci, palombi e molti altri) hanno una forma generalmente affusolata, mentre i batoidei (razze, mante, pastinache, trigoni, aquile di mare, torpedini, squali chitarra, squali angelo, ecc.) sono più appiattite e hanno le pinne pettorali unite al tronco, a formare una struttura anatomica che prende il nome di disco.
Ad eccezione dello squalo balena e dello squalo elefante, che si nutrono di zooplancton, i pesci cartilaginei sono predatori carnivori e cacciano soprattutto pesci ossei, anche grazie alla loro capacità di ricezione dei campi magnetici ed elettrici, che consente di individuare le prede in condizioni di scarsa visibilità. Molte specie si nutrono però anche di molluschi, crostacei, carcasse animali e resti vegetali.

Le specie italiane di condroitti sono 76, di cui 14 minacciate di estinzione (soprattutto lo spinarolo, lo smeriglio e lo squalo angelo). Molte di esse vengono avvistate solo raramente nel mare toscano. Le 3 specie toscane di importanza più rilevante, perché protette da varie convenzioni internazionali (Barcellona, Berna, Washington, CITES), sono:

Importanza ecologica e pressioni antropiche

I pesci cartilaginei hanno dimensioni e tipo di dieta molto variabili, per cui le diverse specie occupano posizioni differenti all’interno della catena alimentare. Essendo carnivori, svolgono comunque tutti un ruolo di una certa importanza nell’equilibrare le popolazioni della fauna di cui si nutrono, e le specie di grandi dimensioni, insieme a cetacei, tartarughe marine e grandi pesci ossei, fanno parte dei cosiddetti predatori apicali (in inglese top predator), elementi indispensabili per l’equilibrio ecologico degli ecosistemi marini.
Squali e razze sono molto sensibili alle alterazioni dell’ambiente e sono considerati dei buoni bioindicatori, adatti a verificare la presenza di pressioni o impatti antropici.

La red list IUCN segnala dati molto preoccupanti per questi animali: circa un quarto delle specie mondiali e oltre un terzo di quelle mediterranee sono a rischio di estinzione.
I motivi sono legati all’attività di pesca e alle catture sia volontarie che accidentali. Gli squali e le razze sono oggetto di pesca da sempre, in tutto il mondo. Vengono pescati a scopo ricreativo, ma sono anche commercializzati per le proprietà abrasive della loro pelle, per la bellezza estetica dei loro denti, per le presunte proprietà medicinali dei loro tessuti e per la raffinatezza della loro carne. L’impiego delle pinne di squalo nelle zuppe tradizionali asiatiche, in particolare, sta alimentando la brutale pratica del finning, con cui ogni anno moltissimi animali vengono pescati, privati delle loro pinne e rigettati in mare ancora vivi. Incapaci di muoversi e pompare acqua nelle proprie branchie, gli squali muoiono, anche dopo lunga agonia, per soffocamento, dissanguamento o mangiati da altri squali,.

La pesca eccessiva di pesci cartilaginei è resa ancora più grave dal fatto che queste specie crescono molto lentamente, raggiungono la maturità sessuale in età avanzata e generano una prole poco numerosa. Il recupero numerico delle popolazioni sfruttate a scopo commerciale è quindi particolarmente lento e difficoltoso. L’aumento globale dello sforzo di pesca, e quindi del numero di reti presenti in mare, rende poi più probabile la cattura accidentale (bycatch) di specie di grandi dimensioni come lo squalo elefante, che vengono decimate pur non avendo nessun interesse commerciale. Senza considerare come la riduzione drammatica degli stock ittici cui stiamo assistendo negli ultimi anni incida negativamente sull’alimentazione di questi grandi predatori marini.
A tutto ciò si aggiungono i problemi di inquinamento, eutrofizzazione e contaminazione delle acque da micro-plastiche, metalli pesanti e altre sostanze tossiche. Sui batoidei, che hanno solitamente abitudini bentoniche, cioè vivono nei pressi del fondale, incidono poi negativamente anche tutte le attività che prevedono la movimentazione dei sedimenti marini e l’alterazione strutturale dei fondali stessi, come gli scavi sottomarini, la messa in posa di condotte o la pesca a strascico.

Data la loro enorme importanza ecologica e la necessità di attuare opportune azioni di conservazione di questi animali, ARPAT attua il monitoraggio di eventi di spiaggiamento, cattura accidentale e avvistamento di grandi pesci cartilaginei grazie al progetto MEDLEM (Mediterranean Large Elasmobranchs Monitoring), progetto di respiro mediterraneo di cui ha il coordinamento.

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