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ARPAT News - newsletter sulle tematiche ambientali
Lunedì 18 maggio 2020

La micromobilità: contesti ed opportunità


Nati come mezzo di locomozione economico, per decenni sono stati il primo scalino verso la motorizzazione privata ed oggi, con il mutare delle priorità dei centri urbani e dei loro abitanti, tornano ad affermarsi per le loro peculiarità ecologiche e per la capacità di districarsi con agilità e destrezza nel traffico cittadino

Il rapporto stilato dall'International Transport Forum (ITF)  sulla micromobilità prende in considerazione gli aspetti che riguardano l'aumentato uso degli scooter elettrici e di tutte le altre forme di micromobilità presenti oggi nelle città.

L'aumento di questo tipo di mezzo di trasporto individuale pone nuove sfide ai sistemi normativi e regolatori del traffico urbano imponendo alle amministrazioni ed alla politica di ripensare l'intero sistema degli spostamenti. L'ITF intende porre l'accento su tutte quelle azioni ed iniziative che possono rendere sicuri i dispositivi di micromobilità durante il loro uso nel traffico cittadino. Dalla segnaletica stradale, al design dei mezzi fino ad arrivare alle modalità di funzionamento, senza tralasciare percorsi di educazione stradale ed aggiornamento delle norme del codice della strada rivolte all'utenza.

Il documento pone anche la questione se l'affermarsi della micromobilità nei centri urbani può essere considerata foriera di potenziali benefici e miglioramenti nell'ambito della sicurezza stradale.

Il rapporto è realizzato dall'International Transport Forum (ITF), organizzazione intergovernativa a cui partecipano 60 paesi membri e che opera come un incubatore d'idee per quanto riguarda le politiche dei trasporti in ogni sua modalità. L'obiettivo dell'ente è il confronto ed il dialogo per individuare innovazioni e miglioramenti nelle politiche dei trasporti. Il continuo aggiornamento e miglioramenti attraverso lo scambio di idee e visioni tra i decisori e la società civile permette la realizzazione di piattaforme di discussione e prenegoziazione delle questioni politiche che saranno successivamente normate.

Al lavoro ha collaborato il Corporate Partnership Board (CPB) contribuendo a corredare il quadro delle proposte politiche con le prospettive industriali ed economiche dei costruttori, facendo emergere le sfide che un nuovo sistema dei trasporti impone alla politica.

Il rapporto sottolinea l'importanza del fattore sicurezza nel traffico urbano di biciclette, biciclette a pedalata assistita e dispositivi di mobilità elettrica personale come gli scooter elettrici di proprietà oa noleggio in contesti urbani. Il passaggio alla micromobilità del trasporto giornaliero in ambiente urbano impone urgenti sfide ai decisori politici nazionali ed alle amministrazioni delle città.

Si definiscono e classificano i microveicoli in quattro tipi basati sulle loro velocità e peso/massa:

Tipo A microveicoli che hanno una massa fino a 35 kg e se dotati di un motore elettrico a supporto, le prestazioni di questo sono limitate in modo che il microveicolo non superi la velocità di 25 km/h.

Le biciclette, le biciclette elettriche, gli scooter elettrici ed i veicoli autostabilizzanti (sono i microveicoli a trazione elettrica la cui posizione di esercizio in equilibrio, utente compreso, è mantenuta da un motorino elettrico). Rientrano nel categoria “autostabilizzanti” hoverboard, Onewheel, Electric unicycle ed electric skates.

Poi ci sono della stessa tipologia ma con un peso/massa maggiore di 35 kg e sono classificati Tipo B, mentre se sono in grado di superare la velocità di 25 Km/h rientrano nella classe Tipo C, se invece superano contemporaneamente entrambi i parametri, sono classificati di Tipo D.

La classificazione tiene infatti conto del fatto che i “veicoli” della micromobilità traggono la loro potenza/propulsione dall'energia muscolare, dalle batterie elettriche, dal carburante o da una combinazione di questi elementi. Categorie M.jpg

Il rapporto espone una serie di miglioramenti per la sicurezza della micromobilità in relazione alle forme e materiali con cui i micromezzi vengono realizzati, alle infrastrutture di adeguamento e/o di nuova realizzazione arrivando a prevedere anche un eventuale addestramento per un uso in sicurezza.

Alla micromobilità di Tipo A viene attribuita la possibilità di poter aumentare il bacino di utenza del trasporto pubblico locale (TPL) permettendo di raggiungere in modo capillare le stazioni/fermate delle linee bus-tram-treno. Se da un lato gli utilizzatori di questi micromezzi dovranno applicare tutte le norme di accortezza e prudenza per muoversi nel traffico, dall'altro gli automobilisti stessi dovranno abituarsi a tenere conto di queste nuove ed eterogenee tipologie di microveicoli.

Per avviare questo processo di condivisione della rete viaria urbana le amministrazioni dei Paesi hanno avviato processi di adeguamento alla nuova realtà. La maggior parte hanno già vietato l'uso dei Tipi A sui marciapiedi, creando una rete di corsie dedicate delimitate da cordoli, oppure rialzate dalla sede stradale o solamente delimitate da segnalazione pitturata a terra, riconfigurando lo spazio dedicato al traffico privato. Nelle corsie dedicate sarà poi discrezione delle singole amministrazioni se concedere o meno l'uso anche ai micromobili di tipo B o C mentre risulta chiaro che quelli della categoria Tipo D ne rimarranno esclusi.

Un ulteriore aiuto alla micromobilità sta arrivando dai dispositivi di sicurezza attiva (Advanced Driver assistance System – ADAS) di cui sempre più spesso le auto di ultima generazione sono dotate al fine di scongiurare le conseguenze di comportamenti alla guida errati o poco responsabili verso pedoni, ciclisti e similari.

Sul fronte dei micromobili è auspicata la messa a punto di percorsi d'istruzione all'uso specialmente dei micromezzi autostabilizzanti e/o privi di manubrio, le case costruttrici stanno migliorando la loro tenuta di strada, oltre che dotarli di sistemi di geolocalizzazione e l'uso di materiali non “contundenti” in caso di collisione, questi gli ambiti di studio e ricerca al fine di permettere un utilizzo sicuro dei micromezzi.

L'uso dei veicoli leggeri o micromobili rivela anche gli aspetti positivi di una maggiore attività fisica, per questo viene chiamata anche mobilità dolce o attiva; per allargarne l'uso però occorre che i potenziali nuovi utenti siano accompagnati a questa nuova mobilità da iniziative volte a far diminuire la percezione del rischio.

Se da un lato questi micromobili (Personal Mobility device – PMD) stanno sollecitando da tempo amministrazioni e costruttori per il grande contributo che possono dare nella soluzione della mobilità urbana e della diminuzione significativa all'inquinamento atmosferico, per delinearne l'ambito normativo nelle fasi si produzione, vendita, accesso all'acquisto ed uso non solo privato ma anche con l'intermediazione di società di noleggio, dall'altro i recenti avvenimenti pandemici impongono un'accelerazione a tali processi di regolamentazione.

Alcune Amministrazioni hanno già realizzato, come in Belgio, un pronto adeguamento dell'asse viario urbano all'uso dei PMD, altre come l'Italia, seppur già individuate le azioni da intraprendere per declinare la viabilità delle città al corrente uso della micromobilità, hanno avviato una fase di  adeguamento del codice della strada in maniera che contempli e preveda la possibilità di realizzare piste ciclabili anche dipinte e non più solo segnalate con cordoli in plastica o laterizio. Questo ne permetterebbe una realizzazione più veloce ed economica oltre a non aprire lunghe procedure di gare di appalto. Si tratta in altre parole di rimodulare il traffico privato a bici, bici elettriche, monopattini, monoruota e PMD in genere, soddisfacendo il requisito del diradamento sociale nei trasporti che i tempi impongono.

Testo di Sergio Lavacchini

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