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Martedì 07 aprile 2020

Ridurre le microplastiche primarie


La versione definitiva di proposta di restrizione per le microplastiche primarie, voluta dalla Commissione EU, elaborata dall'Echa, dovrebbe essere presentata nel giugno 2020

Le microplastiche, ovvero quelle piccole frazioni plastiche di dimensioni inferiori a 5 millimetri, hanno iniziato ad accumularsi nei mari, a partire dagli anni '60, quando questo materiale è divenuto di uso comune. Questi piccolissimi frammenti plastici sono ormai ovunque, non solo nei mari, ma addirittura nell'Artico e persino nell'aria che respiriamo e nell'acqua che beviamo. Purtroppo, ancora, non ci sono certezze su come e quanto possano danneggiare la nostra salute.

La Commissione dell'Unione Europea ha chiesto all'Echa (Agenzia europea per le sostanze chimiche) di valutare i dati scientifici sulle microplastiche con la finalità di presentare una proposta per la riduzione delle microplastiche primarie.

Le microplastiche, infatti, si distinguono in primarie e secondarie; le prime sono quei piccoli e piccolissimi frammenti plastici che nascono come tali, sono utilizzati, in genere, nel make-up, nei prodotti per la cura della persona e della casa, ma anche in vernici o paste abrasive o fertilizzanti. Le seconde, invece, sono il risultato dell'attività di degradazione della plastica, come bottiglie, contenitori per il cibo e molto altro ancora e costituiscono la quota più grande delle microplastiche disperse nell'ambiente.

A partire dal gennaio 2018, l'Echa è impegnata nella costruzione di un'ipotesi di restrizione all'immissione sul mercato o all'uso di particelle in microplastica aggiunte intenzionalmente nei prodotti presenti nel mercato UE. Nel 2019, la proposta di restrizione ha preso forma, questa garantirebbe una riduzione del rilascio di microplastiche nell'ambiente, che la stessa Agenzia per le sostanze chimiche quantifica in 400.000 tonnellate nell'arco dei 20 anni successsivi alla sua stessa introduzione.

Contemporaneamente alcuni paesi, come anche l'Italia, hanno introdotto, negli ultimi anni, il divieto di mettere in commercio prodotti per la pulizia e la cura della persona a cui sono state aggiunte microplastiche, per evitare che, dopo il lavaggio, finiscano negli scarichi e nei fanghi dei depuratori o direttamente nei corsi d'acqua e poi nei mari. In questo modo si ridurrà la quantità di microplastiche che vengono disperse nell'ambiente anche se, secondo le stime, quelle contenute nei cosmetici e nei prodotti per la cura della persona rappresentano solo una piccolissima parte (0,1%) del totale delle microplastiche. Poco o nulla, quindi, rispetto al quantitativo di microplastiche secondarie, che derivano, ad esempio, dai lavaggi dei tessuti acrilici nelle lavatrici di casa.

A queste iniziative di alcuni Stati, si sono aggiunte quelle provenienti da alcune imprese, che operano nel settore della cosmesi, sensibili al problema; queste hanno volontariamente sostituito le microplastiche esfolianti presenti in prodotti per il corpo con valide alternative, come i noccioli di oliva o i gusti di noce di cocco, che hanno un efficace effetto "scrub" sulla pelle.

La proposta dell'Echa è stata assoggetata a consultazione per sei mesi, nel 2019, durante i quali sono state presentate 447 osservazioni. Al momento la proposta di restrizione, insieme alle osservazioni pervenute nel corso della consultazione, sono al vaglio del Comitato per la valutazione dei rischi (RAC) e del Comitato per l'analisi socio-economica (SEAC). Questi comitati forniranno la loro posizione sulla questione entro il giugno 2020.

Una volta acquisiti i pareri dei comitati sopra richiamati, l'Echa trasmetterà la sua proposta di restrizione definitiva alla Commissione Europea, che preparerà una proposta di modifica dell'allegato XVII del Regolamento Reach.

Purtroppo questa proposta di restrizione prende in esame solo alcune delle microplastiche primarie, non prendendo in alcun modo in considerazione le microplastiche secondarie, che sono quelle che impattano maggiormente sull'ambiente, come quelle derivanti dall'abrasione delle gomme di auto, camion e biciclette, che pare che incidano per il 60% sul totale o le suole delle scarpe che si stima coprano una quota del 7% sul totale.

In conclusione, se il complesso iter di approvazione rispetterà il crono-programma previsto dall'Echa, senza subire rallentamenti o addirittura battute d'arresto, gli interessi economici in gioco risultano molteplici e fortemente impattanti su diversi comparti produttivi, la restrizione sarà adottata nel 2022.


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