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"Apuane montagne d'acqua"

30/03/2023 11:00

ARPAT ha partecipato al convegno organizzato dalla Commissione tutela ambiente montano del CAI Toscana

L’Agenzia, nell’ambito del convegno organizzato dal CAI Toscana sabato 25 marzo a Marina di Massa, ha partecipato parlando di conoscenza e tutela della risorsa acqua. Il convegno, dal titolo “Apuane, montagne d’acqua”, ha visto una prima parte affrontare diversi temi, dalla gestione e tutela degli ecosistemi fluviali alle acque carsiche, alle foreste, all’acqua come bene comune, alla crisi climatica e agli eventi estremi, ed una seconda parte, invece, dedicata alla situazione ambientale delle Apuane.

Proprio durante questa seconda sessione Licia Lotti, responsabile del Dipartimento ARPAT di Massa e Carrara, ha parlato del contributo dell’Agenzia alla conoscenza e alla tutela della risorsa acqua. “Per tutelare l’ambiente è indispensabile conoscerlo ed avere quindi a disposizione informazioni sistematiche che lo riguardano – ha esordito Lotti - ed ARPAT fornisce in questo ambito il suo contributo importante perché raccoglie ordinatamente informazioni sull’ambiente che monitora”.

La presentazione si è naturalmente soffermata sul monitoraggio ambientale delle acque superficiali, il cui scopo è quello di controllare lo stato di qualità dei corsi d’acqua e invasi significativi attraverso l’elaborazione di due indici, lo stato ecologico e lo stato chimico, ed in particolare si è focalizzata sul contesto apuano, al centro del convegno.

Lotti ha ricordato come a fianco del monitoraggio ambientale suoi corpi idrici che l’Agenzia porta avanti in applicazione della Direttiva europea 2000/60/CE e del DLgs 152/06, nel tempo siano state implementate, in tutta la Toscana, diverse reti di monitoraggio complementari, che hanno l’obiettivo di approfondire la conoscenza di specifici fenomeni “locali”; un esempio di questo è proprio il monitoraggio previsto nel complesso apuano.

mappa-monitoraggio-apuane.jpgNell’ambito del Progetto Speciale Cave, infatti, ARPAT ha infittito spazialmente e temporalmente i punti della rete regionale di monitoraggio delle acque esistente, in modo tale da “circondare” il massiccio apuano e cercare di misurare l’impatto dell’attività estrattiva, possibilmente isolandola da altre pressioni. Il monitoraggio delle acque previsto dalla norma non è risultato, infatti, sufficiente a fornire un quadro esauriente dello stato ecologico e chimico in una scala limitata come quella del complesso apuano e diffusamente interessata dall'attività estrattiva.

Il maggiore determinante nella zona in questione è senza dubbio l'industria estrattiva nel suo complesso, le cui pressioni consistono principalmente nella produzione, e rilascio in ambiente, di materiale fine residuo delle attività di taglio, dei rifiuti a volte abbandonati, del traffico di mezzi pesanti. Tra gli inquinanti specifici identificati, il Progetto ha dato quindi priorità al materiale fine, carbonatico e non, che viene immesso in quantità significative nei corpi idrici superficiali e sotterranei nelle aree estrattive e che “imbianca” i fiumi e torrenti in occasione delle piogge.

“Tra le finalità del monitoraggio - spiega Lotti - c’è quindi anche il tentativo di stimare le quantità di materiale fine che, attraverso gli acquiferi sotterranei, giungono alle sorgenti e stimare come le continue modifiche dell’ambiente esterno, in termini di modifica delle pendenze, della permeabilità, delle connessioni, possano ripercuotersi sulla qualità e quantità delle acque sorgive”.

I bacini coinvolti da questo monitoraggio sono naturalmente quelli che circondano le Apuane. Le stazioni in continuo sui fiumi, in particolare, misurano temperatura, conducibilità, torbidità, altezza idrometrica/portata; le stazioni alle sorgenti misurano invece temperatura, conducibilità, torbidità e portata.

Tutti i dati raccolti, in continuo o puntuali, sono organizzati spazialmente, oltre che temporalmente, in un sistema informativo e sono disponibili tramite il sito Web del SIRA. Nello specifico il monitoraggio puntuale è terminato con la conclusione del Progetto Speciale Cave (dicembre 2018), mentre quello in continuo delle sorgenti e dei corsi d’acqua è tutt’ora in corso e va ad arricchire le informazioni a disposizione dell’Agenzia e della Regione.

Tra le azioni previste dal Progetto Speciale Cave vi era anche la predisposizione di un sistema di segnalazione degli episodi di torbidità anomala dei fiumi che impattano infatti fortemente sia sulle condizioni ecologiche ambientali delle acque superficiali e sotterranee, sia sull’utilizzo per il consumo umano delle sorgenti. È stata quindi implementata una specifica metodologia denominata OMNIA (Operative Monitoring Network Instant Alert), ovvero un sistema di allerta istantaneo che permette di effettuare previsioni sugli aumenti di torbidità nei corsi d’acqua, in funzione delle piogge che avvengono nell’area e di evidenziare gli eventi anomali. La procedura crea una mappa interrogabile dell’area in cui sono mostrate tutte le centraline, che cambiano colore in caso la lettura di torbidità sia superiore alle soglie previste nelle ultime 24 ore ed interrogandole viene mostrato il grafico settimanale corrispondente. Anche la mappa è disponibile sul sito Web del SIRA all’indirizzo sopra richiamato.

“Gli obiettivi adesso – conclude Licia Lotti – sono quelli di rendere strutturale la rete fin qui implementata, realizzare le curve di portata e correlarle con l’altezza idrometrica in modo da poter calcolare la quantità di marmettola che transita in ogni punto analizzato, studiare la possibilità di eseguire dei tracciamenti dalle cave alle sorgenti, un’operazione che risulta in realtà molto complessa per via della struttura del territorio, ed infine arricchire le stazioni esistenti con altre sonde in grado di fornire dati diversi”.

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