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ARPAT News - newsletter sulle tematiche ambientali
Mercoledì 06 maggio 2020

WWF: biodiversità e pandemia


L'azione distruttiva dell'uomo nei confronti dei complessi equilibri dinamici della biosfera e l'intervento sugli ecosistemi possono portare a conseguenze che hanno un impatto diretto sul benessere umano, in particolare sulla nostra salute

In molti si chiedono, in questo particolare momento, se esista una corrrelazione tra le malattie, come il COVID-19 (COronaVIrus Disease-2019), che stanno terrorizzando il Pianeta e le dimensioni epocali della perdita di natura.

Al momento non esistono risposte certe ma il WWF offre il suo punto di vista sulla questione nel suo recente report sulla possibile correlazione tra distruzione degli ecosistimi e pandemie.

peggiori epidemie nella storia recente

Si stima, infatti, che l'uomo abbia modificato in modo significativo il 75% dell’ambiente terrestre e circa il 66% di quello marino e messo a rischio di estinzione circa 1 milione di specie animali e vegetali.

L'IPBES (Intergovernamental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services dell’ONU) ha definito questo scenario come “unprecedented”, ovvero senza precedenti.

Le emissioni di gas serra sono raddoppiate, provocando un aumento delle temperature medie globali di un grado °C rispetto all’epoca preindustriale, mentre il livello medio globale del mare è aumentato tra i 16 e i 21 centimetri dal 1900.

Le foreste pluviali che si stima producano, nel loro complesso, oltre il 40% dell’ossigeno terrestre, sono oggetto di deforestazione, una delle principali cause del riscaldamento globale, poiché produce dal 12 al 20% delle emissioni di gas serra. Ad oggi abbiamo perso quasi la metà della superficie forestale che abbracciava e proteggeva il nostro pianeta. Secondo uno studio si stima che all’inizio della rivoluzione agricola vi fossero sulla Terra circa 6.000 miliardi di alberi, mentre oggi ne restano circa 3.000 miliardi.

I cambiamenti di uso del suolo e la distruzione di habitat naturali sono considerati responsabili di circa la metà delle zoonosi emergenti. Infatti le foreste ospitano milioni di specie in gran parte sconosciute alla scienza moderna, tra cui virus, batteri, funghi e molti altri organismi molti dei quali parassiti, nella più parte dei casi benevoli che non riescono a vivere fuori del loro ospite e non fanno troppi danni.

Oggi, però, lo sfruttamento del territorio, con la costruzione di strade di accesso alla foresta, l’espansione di territori di caccia e la raccolta di carne di animali selvatici (bushmeat), lo sviluppo di villaggi in territori prima selvaggi, ha portato la popolazione umana ad un contatto più stretto con l’insorgenza del virus.

Tutti questi cambiamenti hanno provocato, e stanno producendo, impatti diffusi in molti aspetti della biodiversità. Secondo il WWF, alcune delle conseguenze dell'azione umana sul Pianeta e sugli ecosistemi potrebbero essere:

  • l'aumento dei siti di riproduzione dei vettori delle malattie
  • la perdita di specie predatrici e la diffusione amplificata degli ospiti serbatoio
  • i trasferimenti di patogeni tra specie diverse
  • i cambiamenti genetici indotti dall'uomo di vettori di malattie o agenti patogeni (come la resistenza delle zanzare ai pesticidi)
  • la contaminazione ambientale con agenti di malattie infettive.

Il report sottolinea come le periferie degradate e senza verde di tante metropoli tropicali siano l'habitat ideale per malattie pericolose come la febbre dengue, il tifo, il colera, la chikungunya. Inoltre i mercati di quelle stesse metropoli, che siano in Africa o in Asia, fanno il resto, vendendo quello che rimane della fauna predata: animali selvatici vivi, parti di scimmie e tigri, carne di serpente, scaglie di pangolini e altro ancora, creando nuove opportunità per vecchie e nuove zoonosi.

Il riscaldamento globale, infine, contribuisce a creare un habitat ideale per virus e batteri, che prediligono il caldo umido favorito dalle nuove condizioni climatiche.

Questo scenario aiuterebbe i patogeni a passare da una specie ospite ad un’altra, realizzando il cd spillover. Secondo il report, tra tutte le malattie emergenti, le zoonosi di origine selvatica potrebbero rappresentare, in futuro, la più consistente minaccia per la salute della popolazione mondiale. Il 75% delle malattie umane fino ad oggi conosciute derivano da animali e il 60% delle malattie emergenti sono state trasmesse da animali selvatici.

Principali zoonosi di origine virale registrate a livello mondiale negli ultimi 50 anni

Tutto questo non ha solo conseguenze di tipo sanitario ma anche un chiaro impatto socio-economico.

approccio “One Health”Per fronteggiare questa situazione, il WWF propone, nel suo report, di adottare l'approccio "One Health”, che riconosce come la salute degli esseri umani sia strettamente legata alla salute degli animali e dell’ambiente.

Un concetto strategico, formalmente riconosciuto da tanti organismi delle Nazioni Unite dall’UNEP, all’UNDP, dalla OMS alla FAO, all’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (OIE), alla Commissione Europea sino a Istituti di ricerca di tutto il mondo, ONG e altri enti.

One Health si basa su un concetto olistico di salute delle persone, degli animali, delle piante, degli ambienti di vita e lavoro e degli ecosistemi, promuovendo l’applicazione di un approccio multidisciplinare e collaborativo per affrontare i rischi potenziali o reali che hanno origine dall’interfaccia tra ambiente di vita e lavoro, popolazioni animali ed ecosistemi.

Leggi il report WWF Italia: "Pandemie, l'effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi. Tutelare la salute umana conservando la biodiversità"


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